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Disoccupazione Italia 2016, tasso di fine anno fermo al 12%

In Italia il tasso di disoccupazione aggiornato dall’Istat al mese di dicembre 2016 è risultato essere pari al 12 per cento, con una proporzione che è pressoché invariata rispetto a quella che era stata rilevata nel corso del mese precedente. A sua volta, il dato di novembre era stato rivisto al rialzo di un decimo di punto percentuale, portandolo così dall’11,9 per cento della prima stima, all’attuale 12 per cento di consuntivo. Alla luce della recente serie storica, è dunque possibile affermare che il tasso ora rilevato sia il massimo da un anno e mezzo a questa parte, considerato che il 12 per cento era stato “abbandonato” a giugno 2015. Ma quali sono le principali valutazioni che è possibile effettuare sulla base del dossier sul mercato del lavoro tricolore?

L’andamento degli occupati

Cominciamo con l’occuparci dell’andamento degli occupati, che nel mese sono stati quasi invariati (la crescita è stata di 1.000 unità), dopo essere cresciuti di 24 mila unità nel precedente mese di novembre. L’andamento nel mese è divergente tra gli uomini (con incremento di circa 35 mila unità) e le donne (-35 mila unità), nonché tra occupati che svolgono un lavoro di natura dipendente (+52 mila unità, influenzati principalmente dai dipendenti di natura temporanea, +46 mila unità) e occupati che svolgono un lavoro di natura indipendenti (in calo di 52 mila unità). Positiva è invece la flessione degli inattivi, in calo di 15 mila unità su base congiunturale, dopo il calo di oltre 100 mila unità che era stato possibile rilevare nel mese di novembre: la flessione su base annua rimane piuttosto forte, e torna ora ai massimi storici visti a settembre (-3,4 per cento in termini relativi, -478 mila unità in termini assoluti). Ancora, rileviamo come il tasso di inattività sia rimasto invariato al 34,8 per cento, per il livello minimo storico.

Ampliando l’orizzonte temporale e occupandoci dunque della base annua, scopriamo come l’occupazione si mantenga in un trend sicuramente positivo (+242 mila unità in termini assoluti e 1,1 per cento in termini relativi), conseguendo un miglior ritmo rispetto alla media dei mesi precedenti, ma pur inferiore al picco toccato a maggio, quando fu possibile rilevare un incremento di 431 mila unità, o +1,9 per cento anno su anno.

Disoccupazione giovanile

Purtroppo, la vera e propria piaga del dossier (e, di conseguenza, del mercato del lavoro tricolore) è ancora una volta rappresentato dall’andamento del tasso di disoccupazione giovanile, che è salito ulteriormente (di un decimo), al 40,1 per cento, contro il 40 per cento del mese di novembre (che già era stato rivisto al rialzo dal 39,4 per cento). Così come avviene per il dato di sintesi complessiva, quello del mese di dicembre è il massimo da giugno del 2015 a questa parte, con un incremento che sembra ora essere dovuto al calo degli inattivi per 7 mila unità, in presenza di un’occupazione stabile.

Scendendo più nel dettaglio, si noti come lo spaccato per classi di età evidenzi nel mese in esame un discreto rimbalzo degli occupati di età compresa tra i 25 e i 34 anni (+46 mila unità, per il livello più elevato da ottobre del 2014 ad oggi), ma scendono gli occupati nei gruppi di età più anziani (-23 mila unità sia tra i 35-49enni che per gli ultracinquantenni). Si noti altresì come il trend annuo sia piuttosto divergente tra gli ultracinquantenni (in aumento di 350 mila unità) e le classi di età più giovani (in calo di 168 mila unità): una divergenza che secondo quanto affermano le osservazioni dell’Istat è dovuta almeno in parte agli effetti delle variabili demografiche, che potrebbero motivare, almeno su tale fronte, la flessione di 244 mila unità per quanto concerne gli occupati infracinquantenni, e l’incremento di 133 mila unità da parte degli occupati ultracinquantenni. Ad ogni modo, anche sterilizzando i dati da tali variabili, la prestazione occupazionale della classe di età più anziana risulta essere trainante, valutato l’incremento di 217 mila unità contro le 76 mila unità “portate” in dote dagli altri gruppi.

Dunque, la spiegazione è presto tratta: le tendenze di cui sopra sono infatti giustificabili dal graduale aumento dell’età pensionabile per effetto delle passate riforme del sistema pensionistico, che allontana la meta della pensione per una buona fetta di lavoratori, incrementando l’età media.

Il mercato del lavoro italiano: va bene o va male?

A questo punto, si può cercare di effettuare un complicato lavoro di sintesi e domandarsi se il trend assunto dal mercato del lavoro italiano sia o meno giudicabile in modo positivo o negativo. Prescindendo dai dati di sintesi più negativi, si può ben rammentare, fin da questa prima battuta, come il recupero occupazionale iniziato nel 2014 e proseguito poi nel 2015 abbia perso gradualmente slancio nel corso del 2016, sebbene comunque l’anno scorso abbia registrato (grazie principalmente al traino primaverile) la crescita degli occupati più ampia da 10 anni a questa parte. Detto ciò, un riferimento è d’obbligo nei confronti degli incentivi contributivi, la cui efficacia è gradualmente diminuita con il passare dei mesi, rendendo la qualità dell’occupazione sempre peggiore: di qui, il crescente peso assunto dei posti di lavoro temporanei.

Se tuttavia quanto sopra è ascrivibile nel piatto della bilancia dei segnali negativi, nel piatto dei segnali positivi è certamente apportabile la confermata tendenza al calo degli inattivi, che per tutto il 2016 è stato il principale fattore che ha impedito una diminuzione del tasso di disoccupazione (ricordiamo che, in fondo, il calo degli inattivi corrisponde a una maggiore partecipazione al mercato del lavoro e dunque a un almeno parziale rientro dell’effetto-scoraggiamento). Sempre all’interno degli elementi di positività giova infine inserire il fatto che lo spaccato per classi di età anagrafiche sia meno negativo del recente passato, mostrando un discreto rimbalzo degli occupati tra i 25-34 anni, e che le indagini di fiducia delle imprese evidenziano negli ultimi mesi un recupero delle intenzioni di assunzione.

Sulla base di quanto sopra, è lecito attendersi, per il 2017, una flessione molto lieve del tasso di disoccupazione.

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Sull'autore

Roberto Rossi

Roberto Rossi è un professionista con una consolidata carriera nel settore dell'informatica e dei mercati finanziari, distintosi per la sua profonda passione e competenza in entrambi i campi. Laureato in Informatica, Rossi ha iniziato la sua carriera tecnologica con un forte impegno nell'innovazione e nello sviluppo software, contribuendo significativamente a progetti di rilievo nel settore tecnologico.

La sua curiosità intellettuale e la predisposizione alla continua evoluzione professionale lo hanno spinto, circa vent'anni fa, a esplorare con fervore il mondo dei mercati finanziari. Questo nuovo percorso ha segnato l'inizio di una proficua fase della sua carriera, durante la quale Rossi ha approfondito le dinamiche dei mercati globali, specializzandosi in strategie d'investimento e analisi finanziaria. La sua abilità nell'interpretare i dati di mercato e prevedere le tendenze economiche gli ha permesso di ottenere risultati notevoli come investitore e consulente finanziario.

Circa dieci anni fa, Rossi ha ampliato ulteriormente i suoi orizzonti professionali dedicandosi allo studio e all'investimento in Bitcoin e altre criptovalute, anticipando la rivoluzione digitale nel settore finanziario. La sua capacità di integrare le competenze informatiche con la conoscenza finanziaria gli ha conferito una posizione di rilievo nell'ambito della blockchain e delle criptovalute, rendendolo una figura di spicco in questo settore emergente.

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