Oppressione fiscale

Il peso delle accise sui carburanti e l’import del petrolio in Italia

Scritto da sofiaricciardi

L’Italia importa il petrolio perché ne è naturalmente sprovvista ma, al di là del peso dell’importazione, vi sono una serie di tassazioni e di accise che fanno lievitare il costo del rifornimento e che non permettono agli italiani di approvvigionarsi con leggerezza di carburante. La situazione attuale vede il paese importare circa 119 milioni di tonnellate di greggio dall’Iraq dall’Azerbaigian e dalla Russia, dove il calo del prezzo del petrolio registrato nel corso del 2016 ha indotto a un risparmio effimero che, a seguito dell’accordo Opec sul riequilibrio del prezzo dell’oro nero, ha fatto risalire il costo del rifornimento.

Alcuni dati possono essere utili per comprendere lo stato delle importazioni a livello nazionale. Nel corso del 2016 il costo del petrolio è stato contenuto e ha segnato un calo del -18.5% rispetto al 2015. Il prezzo ha segnato un calo costante del -30% nel corso dell’anno, con picco del -42% nel mese di febbraio 2016. Negli ultimi mesi il petrolio ha però registrato un aumento improvviso e nel mese di dicembre ha segnato quota +37.9% rispetto allo stesso mese del 2015. Ecco quindi arrivare i rincari di gennaio, con un costo più alto di 12 centesimi al litro rispetto allo stesso mese del 2016. Si tratta del puro prezzo del mercato, al netto delle accise di cui parleremo in seguito e dell’IVA.

Il prelievo fiscale sui carburanti che condanno il Bel Paese

Perché fare benzina in Italia costa un patrimonio? Il peso del fisco italiano è fra i più elevati di tutta Europa ed è altamente variabile, instabile e quindi percepito come un’incognita dalla cittadinanza. Il peso del fisco rappresenta il 62% del prezzo finale del gasolio e il 65% del prezzo finale della benzina. Per quanto riguarda il gasolio, si tratta dell’imposizione fiscale più salata di tutta Europa, mentre per quanto riguarda la benzina, l’Italia si pone al secondo posto dopo l’Olanda. Va da sé che i paesi nordici stanno voltando pagina e cercando di contenere al massimo l’impiego dei carburanti fossili, orientando i cittadini e le imprese al consumo e all’impiego di fonti energetiche green, rinnovabili. Il petrolio viene quindi letto come una sorta di ‘vecchio catorcio’, che costa molto e che quindi deve essere abbandonato in nome di energie verdi meno costose, rinnovabili e amiche dell’ambiente. In Italia l’inversione di tendenza non è ancora stata attuata, perché il popolo italiano consuma ogni mese fra i 2,5 e i 2,9 milioni di tonnellate di carburante.

Il consumo globale di carburante è stato di 60.8 milioni di tonnellate nel corso del 2016, quantità che ha visto aumentare aa richiesta di importazione di prodotti già raffinati quali la benzina e il gasolio. L’Italia ha acquistato, in totale, 13.4 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi finiti e nei primi dieci mesi dello scorso anno le importazioni sono salite costantemente del 6% rispetto al 2015, con un calo del -2.4% che ha interessato la raffinazione. Il primo paese di fornitura per l’Italia è stato l’Iraq con una copertura del 19.5% seguito dall’Azerbaigian con il 14.6% e dalla Russia con il 10.6% circa. A seguire l’Arabia con il 9.5% del mercato. Questo è lo stato delle importazioni di petrolio e di prodotti petroliferi raffinati registrato, ma il cittadino italiano si chiede perché, a parità di costo di importazione, la benzina e il gasolio siano più cari in Italia rispetto a tanti altri paesi d’Europa.

Le accise che gravano sui carburanti

Il prezzo della benzina non è limitato al costo puro del combustibile, perché alla base bisogna aggiungere l’Iva e le accise. Le accise sono dei tributi indiretti sotto forma di imposta sui consumi, che non vengono calcolate in base al valore come accade con l’Iva ma in base alla quantità. Si tratta di imposte applicate ai carburanti, ai tabacchi, all’energia elettrica, al gas, alle bevande alcoliche e al sale, di imposte definite ‘per scopo’, in quanto storicamente sono state introdotte per raccogliere fondi necessari per finanziare determinati progetti.

Sul prezzo dei carburanti e anche delle forniture domestiche pesano imposte che ammontano al 52% del costo totale. Si tratta di imposte antiche, alcune delle quali vecchie di settant’anni, introdotte dal regime fascista e per finanziare eventi bellici o il risanamento da calamità naturali.

Qualche esempio? I cittadini italiani pagano attualmente, nel 2017, 0,000981 euro per il finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936 e 0,00723 euro per finanziamento della crisi di Suez del 1956. Altri scopi finanziati dalle accise sui carburanti sono il post disastro del Vajont del 1963, il post alluvione di Firenze del 1966, la ricostruzione post terremoto del Belice del 1968, il post terremoto del Friuli del 1976 e dell’Irpinia del 1980. Segue il finanziamento della guerra del Libano del 1983 e della missione in Bosnia del 1996, il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004 e l’acquisto di autobus ecologici nel 2005, quindi terremoto dell’Aquila del 2009, il finanziamento alla cultura nel 2011, l’arrivo di persone immigrate dalla Libia nel post crisi del 2011, l’alluvione in Toscana e Liguria dello stesso ano e il decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011, quindi i terremoti dell’Emilia del 2012. Si tratta, nel complesso, di circa 0.5 centesimi di euro esclusa IVA. L’imposta sul valore aggiunto sul carburante è del 22%, salata e gravante sul consumatore che non ha la possibilità di stornarla o detrarla.

Il costo del carburante e la gestione del mezzo

Possedere un’auto al giorno d’oggi si propone alquanto costoso, non solo nel caso di una vettura di grossa cilindrata. Molte sono le voci basilari, che comprendono il pagamento del carburante, un tot di denari per la manutenzione ordinaria, il pagamento dell’assicurazione e del bollo. A queste spese si devono aggiungere quelle indirette, quali le conseguenze dell’inquinamento e una base di accantonamento per incidenti o sinistri. La spesa media per gestire un’auto di media cilindrata è stata fissata sui 4500 euro annuali, ai quali deve essere aggiunto l’aumento del costo del carburante che ha reso il costo complessivo della gestione dei mezzi molto importante.

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Sull'autore

sofiaricciardi

Sofia Ricciardi, nata nel 1964, è un'eccellenza nel mondo finanziario, con una carriera impreziosita da successi notevoli e da un impegno costante nella democratizzazione degli investimenti in borsa. Laureata in Economia presso l'Università Bocconi di Milano, ha iniziato la sua carriera nelle sale operative di prestigiose banche d'affari a Londra e New York, guadagnandosi ruoli di crescente importanza grazie alla sua specializzazione in strategie di investimento e gestione del rischio. Con oltre tre decenni di esperienza, Sofia ha dimostrato una notevole capacità di anticipare le dinamiche dei mercati finanziari, ottenendo risultati eccellenti sia per le banche che per i loro clienti.

Riconosciuta tra gli esperti per la sua profonda conoscenza del settore e per una strategica comprensione delle tendenze macroeconomiche, Sofia non ha mai perso la sua passione per l'educazione finanziaria. Convinta che il sapere finanziario sia un fondamentale strumento di emancipazione, ha dedicato parte significativa della sua carriera a rendere l'investimento in borsa accessibile a tutti. Ha promosso questa visione tramite workshop, conferenze e pubblicazioni, mirando a dotare persone di ogni background degli strumenti per realizzare i propri sogni economici.

Sofia ha inoltre fondato varie iniziative non profit per migliorare la literacy finanziaria nelle comunità meno avvantaggiate, guadagnandosi rispetto e ammirazione ben oltre il settore finanziario. La sua carriera testimonia come la dedizione alla giustizia sociale possa convivere con il successo nel mondo finanziario, rendendola un modello di come passione, etica del lavoro e impegno sociale possano tradursi in un impatto positivo sulla società.