Pubblicato: 1 Dicembre 2016 di Roberto Rossi
La reazione dei principali indici europei all’elezione del candidato repubblicano Donald Trump alla Casa Bianca è stata certamente più contenuta di quanto non si sia visto sul listino statunitense. Rispetto alla chiusura dello scorso 8 novembre, ovvero della data ultima prima di conoscere l’effettivo esito elettorale, l’Euro Stoxx ha infatti registrato una flessione contenuta, a cui si affiancano variazioni positive intorno al punto percentuale da parte dei listini core (Francia, Germania). Di contro, i listini periferici hanno neutralizzato i rialzi delle giornate immediatamente seguenti l’esito elettorale, a causa delle accresciute preoccupazioni sul fronte del sistema bancario, soprattutto italiano, e del deciso rialzo dei rendimenti sui titoli governativi (ad esempio, il FTSE MIB ha ceduto oltre il 3 per cento).
Indice
Molta incertezza all’orizzonte
A frenare gli entusiasmi sui listini del Vecchio Continente sono, da un lato, le perplessità circa i reali effetti economici sugli utili societari dell’annunciata politica economica espansiva del nuovo Presidente statunitense e, dall’altro, le maggiori incertezze sul contesto politico in vista degli importanti appuntamenti elettorali in calendario, a partire dal referendum costituzionale italiano del prossimo 4 dicembre per proseguire poi con le elezioni in Olanda, Francia e Germania del prossimo anno. Su questo fronte, i maggiori rischi risultano quelli legati all’emergere di derive populist e anti-establishment è più che riscontrabile, così come sono possibili gli effetti negativi sulla stabilità dell’attuale struttura europea. In tale contesto di forti incertezze, si inseriscono anche le accresciute preoccupazioni sul fronte del sistema bancario, soprattutto italiano: in questo caso, i temi centrali risultano quelli legati al piano di risanamento di alcune realtà bancarie (in primis quello della Banca Monte dei Paschi di Siena) a cui si aggiunge il rischio di un pericoloso stop del processo di gestione dei NPL, come possibile conseguenza anche di un’eventuale instabilità politica post-referendum.
La crescita rimane moderata
Sul fronte macroeconomico, l’attenzione è incentrata quasi esclusivamente sul fronte della crescita economica europea. In merito, segnali discretamente incoraggianti giungono dai recenti dati, visto e considerato che le stime preliminari degli indici di fiducia PMI di novembre hanno sorpreso al rialzo le previsioni dei principali analisti, denotando un aumento sia della componente servizi che di quella manifatturiera, e portando così l’indicatore composito a 54,1 punti dai 53,3 punti che erano stati riscontrati nel corso del precedente mese di ottobre e superando il consenso, che era fermo a 53,3 punti. I sondaggi confermano dunque, per l’area euro nel suo complesso, un’accelerazione dell’attività tra il terzo e il quarto trimestre dell’anno, anche se ad un ritmo ancora modesto e atteso pari a circa lo 0,4 per centro trimestrale.
La crescita stimata nell’ultima parte dell’anno porta pertanto a migliorare all’1,6 per cento la variazione del PIL nell’area euro per l’intero 2016, dal precedente +1,5 per cento; una revisione al rialzo interessa anche la stima per il 2017, quando la crescita dovrebbe risultare leggermente inferiore e pari all’1,4 per cento, dall’1,3 per cento in precedenza stimato.
Cosa farà la BCE
Un supporto ai mercati europei per fine anno potrebbe arrivare dalla prossima riunione della Banca Centrale Europea, nell’ipotesi in cui l’istituto riuscisse a sorprendere le attese con un rafforzamento della politica monetaria espansiva attraverso meccanismi che al momento sembrano poco incorporati nei prezzi di mercato. Recenti dichiarazioni di esponenti della Banca centrale, tra cui lo stesso Draghi, hanno lasciato intendere che l’atteggiamento resterà accomodante, ipotizzando per lo meno un’estensione degli acquisti di titoli oltre l’originaria scadenza del quantitative easing, fissata ad oggi per marzo 2017. Ulteriori sorprese, in aggiunta a questa eventualità, permetterebbero di avere una reazione positiva dapprima sul mercato dei titoli di Stato e, secondariamente, sul fronte azionario.
Guardare con positività al futuro (ma non troppo)
Anche alla luce di quanto sopra affermato, non possiamo che definire l’odierna situazione sui mercati azionari europei come molto instabile, in considerazione di vari fattori di incertezza futuri, che continueranno a rappresentare ancora a lungo il principale freno ad un deciso e consistente rialzo dei listini del Vecchio Continente.
Chi si avvicina in questi giorni al trading sui listini europei dovrebbe pertanto farlo tenendo bene a mente le considerazioni di cui sopra e le più ampie e generali valutazioni di complessità del contesto. Si noti, in merito, che i principali indici europei sono tornati a quotare, in termini di multipli di P/E, non lontani dai minimi del periodo 2010-11, quando le valutazioni risultavano contenute in conseguenza della pesante crisi finanziaria, e che gli analisti stimano valori ancora più contenuti per il prossimo biennio 2017-18, giustificati soprattutto da un’attesa di crescita degli utili che dovrebbe tornare, secondo il consenso, a doppia cifra.
Complessivamente, è possibile fornire un giudizio lievemente positivo sull’evoluzione dell’azionario area euro, in valutazione del fatto che eventi come la dissoluzione della zona euro o una grave crisi bancaria risultano essere ancora degli scenari particolarmente estremi, tali da condurre i vari attori politici ed economici europei a fare di tutto per evitarli. Occorrerà ad ogni modo attendere e verificare quali saranno i riscontri dagli avvenimenti socio-politici in calendario, e testare la reattività della Banca centrale nel caso in cui sia realmente necessario agire in maniera incisiva per poter preservare la stabilità finanziaria qualora si verificassero particolari shock esogeni al mercato.