Mercati

BCE: allungamento QE e riduzione acquisti

Le lunghe attese per il meeting della Banca Centrale Europea di ieri non sono state smentite. Come da auspici, l’istituto monetario ha deciso di lasciare i tassi di interesse di riferimento invariati, con il costo di rifinanziamento principale al minimo storico a zero, e quello sui depositi delle banche negativo per 0,4 punti percentuali. Con l’occasione, Draghi ha precisato che lascerà il quantitative easing per altri 9 mesi dopo la sua scadenza originaria (marzo 2017) e che abbasserà il programma di acquisto di titoli da 80 miliardi di euro al mese a 60 miliardi di euro al mese. Ad ogni modo, la conferenza del numero 1 della BCE è stata ricchissima di ben altri spunti: vediamoli uno per uno.

Tassi invariati

Nella sua conferenza stampa, la prima parte è stata dedicata alla conferma dei tassi di riferimento. Si tratta di una misura attesa, considerando che sarebbe stato clamoroso un tentativo di alzarli, e sorprendente uno di abbassarli. Pertanto, tasso di rifinanziamento principale prossimo allo 0%, tasso di deposito a -0,4%.

Estensione QE

Il secondo spunto è offerto dall’estensione del programma di quantitative easing. In questo caso la sorpresa c’è stata, anche se parziale: la maggior parte degli analisti puntava infatti su un prolungamento del programma di acquisti da marzo 2017 (scadenza originaria) a settembre 2017. In realtà, lo slittamento della scadenza è stato più ampio, e pari a 9 mesi (e non 6, come da attese). Probabilmente la motivazione è da ricercarsi nella volontà di accompagnare il mercato durante un 2017 che si preannuncia molto incerto, anche a causa di un ricco calendario di elezioni che dovrebbe vedere la “partecipazione” anche dell’Italia.

Cala il programma di acquisti mensili

L’allungamento del programma di quantitative easing si è accompagnato all’abbassamento dell’impegno della Banca nel procedere agli acquisti mensili, con volumi che passano da 80 miliardi di euro (fino a marzo compreso) a 60 miliardi di euro. Draghi ha tuttavia voluto tenere libere le proprie mani, precisando che se le prospettive dovessero peggiorare, la BCE interverrà aumentando il programma o estendendolo ulteriormente. L’ipotesi di un QE nel 2018 è comunque, a nostro giudizio, molto lontana.

Non è questo, inoltre, l’unico cambiamento al programma di acquisti mensili. Nelle proprie affermazioni Draghi ha infatti dichiarato che la maturity minima scende da 2 anni a 1 anno, e che la BCE comprerà titoli anche con rendimenti sotto il tasso di deposito (cioè, sotto -0,4%).

Revisione stime

Per quanto concerne l’andamento dell’Eurozona, Draghi ha specificato che l’economia crescerà in maniera solida, pur moderata. Ha dunque confermato la crescita dell’area all’1,7% per il 2016, alzando invece le proprie stime per il 2017 da 1,6% a 1,7%. A seguire, nel 2018, la crescita sarà dell’1,6%. Nel 2019 – ed è questa la prima volta che la BCE si spinge così tanto in là nel tempo – la crescita dovrebbe essere dell’1,6%. Per quanto attiene i prezzi, la BCE stima inflazione nell’Eurozona allo 0,2% nel 2016, all’1,3% nel 2017, all’1,5% nel 2018 e all’1,7% nel 2019.

A nostro giudizio, comunque, le stime di cui sotto andranno significativamente riviste nei prossimi mesi: l’incremento dell’inflazione tra il 2016 e il 2017 ci sembra troppo significativo e, probabilmente, è risultato esser tale anche a Draghi, che ha “difeso” le previsioni affermando che già sul finire dell’anno i prezzi dovrebbero iniziare a correre.

Un quadro di incertezze “controllate”

Anche questa volta, infine, Draghi ha fatto sfoggio di tutta la propria retorica comunicativa per cercare di rassicurare i mercati, in un clima di forte attesa. In particolare, il numero 1 dell’Eurotower ha auspicato che le riforme strutturali aumentino in maniera significativa e che complessivamente l’Eurozona non è comunque più a rischio.

Per quanto concerne le azioni deliberate nel meeting di ieri, Draghi ha poi ricordato come oltre all’opzione di allungamento per 9 mesi a 60 miliardi di euro, si sia discussa anche l’alternativa di allungamento di 6 mesi a 80 miliardi di euro, ma che è stata la prima ad essere stata approvata a larga maggioranza (pertanto, non all’unanimità). A chi ritiene che questo sia il primo passo per il tapering (cioè, per il totale disimpegno del programma di acquisti) Draghi ricorda che il tapering non è mai stato discusso, poichè per tale si deve intendere un piano che conduce gli acquisti verzo lo zero.

Infine, Draghi ha parlato anche dell’Italia, sottolineando come il sistema bancario tricolore è vulnerabile, ma tale vulnerabilità non sia certamente nuova, e che è molto difficile comprendere quali possano essere gli effetti dell’esito del referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre, valutato che sui mercati c’è stata più resilienza delle attese (come peraltro avvenuto in occasione di Brexit o dell’elezione di Trump).

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Sull'autore

Roberto Rossi

Perito Informatico ma appassionato del trading online con i CFD. Mi occupo di stesura articoli sul trading online, CFD e forex.