Quella del Campari è una piccola, grande storia di successo italiano. Una storia che inizia più di 150 anni fa in un piccolo bar di Novara, e che permetterà all’azienda di poter riscontrare un crescente successo, poi collimato con un’affermazione in ambito internazionale, lo sbarco in Borsa e un futuro ancora in parte da scrivere. Ma come investire in Campari? Si tratta di un’azienda sulla quale è realmente bene riporre le proprie aspettative di guadagno?
Indice
Campari bitter: una breve storia
Prima di comprendere che cosa stia accadendo in Campari, e se la società possa realmente costituire un buon approdo per i nostri investimenti, un pizzico di storia. Una storia che, come anticipato, ci riporta indietro di oltre 150 anni: è il 1860, infatti, quando in un piccolo bar di Novara si perfeziona la ricetta della bevanda, rimasta invariata da quando, Gaspare Campari, uscì dal retrobottega del proprio “caffè” con un “segreto” che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo: il Campari bitter, evoluzione del “Bitter all’uso d’Hollanda” e del “Cordiale”.
Da quel momento in poi, la storia dell’azienda familiare verrà condotta amorevolmente dalla moglie prima, e dal figlio poi. E sarà proprio il figlio di Gaspare Campari, Davide, ad aprire nel 1915 il Camparino, proprio davanti all’originario Caffè Campari. Quattro anni più tardi Davide Campari capisce che il vero business non sta nel servizio delle bevande, quanto nella sua produzione, e decide di concentrare ogni sforzo sulla realizzazione del Cordiale e del Campari, i due prodotti di maggiore successo usciti dal laboratorio del padre.
Campari group
Da quel momento in poi, seguono altri 80 anni di sviluppo italiano e internazionale, che condurranno poi la società a quotarsi in Borsa nel 2001, al prezzo di 31 euro per azione. Il successo globale permetterà poi a Campari di divenire un gruppo più strutturato e diversificato nel settore delle bevande: è del 2012 l’acquisizione della Lascelles de Mercado (rum giamaicano), mentre è del 2014 l’acquisizione della Fratelli Averna, altro noto brand del settore. Lo scorso 15 marzo viene invece annunciata un’intesa tra Campari e Spml per permettere al gruppo italiano il controllo di Grand Marnier mediante il lancio di un’OPA.
Campari spritz, Campari soda, Campari e prosecco e… molto altro!
Il Campari è oggi al centro di una lunghissima serie di ricette, alcune delle quali riconosciute e qualificate dall’International Bartenders Association. Dal Negroni all’Americano, dal Campari orange al Campari shakerato, dal Campari Mojito al Campari on the rocks, passando per l’intramontabile Campari & Soda, Campari è oggi uno dei pochi brand che può divenire un vero e proprio sinonimo di bevanda di qualità, e di lifestyle. Un valore aggiunto che ne ha fortemente condizionato i progetti di sviluppo, ponendo le basi (consolidate), per un periodico rilancio globale.
Campari trimestrale
Introdotto un breve profilo societario, archiviamo la parte “beverage” per poter parlare di quella più finanziaria. Iniziamo con un rapido sguardo al secondo trimestre 2016, su cui la società ha recentemente diramato il proprio documento di periodo. I buoni presupposti che formulammo a suo tempo sembrano essere ancora una volta confermati dalla realtà dei fatti, visto e considerato che i dati di periodo di Campari sono evidentemente migliori (seppur, non di tantissimo) delle aspettative. Grazie a un buon mix di brand (vedi sopra), Campari sta infatti continuando a riscuotere un buon successo in un ampio numero di mercati, ottenendo uno sviluppo in tutte le principali aree di destinazione di riferimento e, soprattutto, da quelle più “profittevoli”, come gli Stati Uniti, la Germania e l’Italia (dove la crescita è stata più lieve, ma comunque consistente).
Nonostante ciò, i ricavi da vendite nel trimestre sono calati del 3,3 per cento a 417 milioni di euro, penalizzate da cambi valutari non proprio favorevoli. Anche l’EBIT è diminuito, del 2 per cento, a 92,5 milioni di euro. Il margine continua comunque a migliorare nel 2016, seppure di soli 30 punti base. Buono anche il trend degli investimenti, che confermano gli sforzi compiuti dal gruppo per poter rafforzare il proprio posizionamento in alcune delle zone di maggiore riferimento commerciale.
Cosa dice il management
Detto ciò, ricordiamo come il management societario abbia confermato ulteriormente i propri obiettivi per l’anno, mantenendo invariato il proprio outlook. In fin dei conti, la diversificazione di prodotto e di mercato giova al business societario, che può affrontare con più serenità il passo indietro vistoso in alcune zone (Brasile), compensato dal passo in avanti in altre (Russia). Il peso dei cambi valutari non favorevoli continuerà certamente a penalizzare i risultati annuali del 2016, producendo probabilmente un “peggioramento” delle evoluzioni commerciali (in contabilizzazione, non in volumi) nell’ultima parte dell’anno. I margini dovrebbero rimanere soddisfacenti (ma non giudicabili con troppa bonarietà), mentre le sinergie derivanti dal business del Grand Marnier, che sopra abbiamo brevemente anticipato, dovrebbero vedersi solamente nel 2017.
Se da una parte gli aspetti positivi sembrano essere ben confermati, è anche vero che sul titolo potrebbero incombere alcune ombre ancora da determinare, come il ritardato o mancato rispetto dei piani strategici, costi più alti dalle attività di acquisizione, e così via. La view sul titolo è pertanto a nostro giudizio abbastanza varia, e riteniamo meglio assumere un atteggiamento più prudenziale, decifrando quel che potrebbe accadere nell’ultima parte dell’anno.