La pubblicazione dei verbali FOMC non ha stupito i mercati e, come ultima istanza, ha avuto il ruolo di generare qualche pressione di contenimento sul dollaro statunitense. Se infatti in apertura di giornata di ieri la valuta verde ha proseguito il suo consolidamento, pur denotando una vistosa variabilità (la spinta sembra essere stata generata soprattutto dalla stima degli occupati ADP, sono aumentati più delle attese, piuttosto che dalla flessione deludente dell’ISM non-manifatturiero), è anche vero che piuttosto significativa è stata la marcia indietro effettuata successivamente alla pubblicazione dei verbali del FOMC.
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Minute FOMC da “decifrare”
Le minute FOMC hanno infatti da un parte ribadito la valutazione molto positiva dell’economia statunitense, avvalorando lo scenario di altri due rialzi dei tassi di interesse di riferimento entro la fine dell’anno, ma hanno nel contempo anche fornito qualche elemento di analisi in più. In particolare, e con specifico riferimento agli sviluppi sui mercati finanziari, secondo alcuni membri FOMC le valutazioni del mercato azionario sarebbero piuttosto elevate: quanto basta per aver condotto le borse USA in rapida correzione.
Politica di bilancio
Per quanto invece concerne la politica del bilancio, dalle minute del FOMC è emerso che la maggior parte dei partecipanti si dichiara favorevole a iniziare a ridurre i reinvestimenti dei titoli in scadenza entro la fine dell’anno, a patto che il quadro macro economico sia in grado di continuare a evolversi in linea con le attese. Non vi è peraltro ancora un’idea sufficientemente condivisa sulle condizioni e sulle modalità della riduzione dei reinvestimenti dei titoli in scadenza, con alcuni membri che desiderano fissare una soglia dei tassi superata la quale sarebbe possibile dare il via alla riduzione dei reinvestimenti, e altri che invece opterebbero per una soluzione più qualitativa. Recentemente Dudley ha prospettato l’ipotesi di effettuare due rialzi dei tassi di interesse di riferimento nei prossimi mesi e, successivamente, di iniziare a ridurre i reinvestimenti prima della fine dell’anno, per poi riprendere ad alzare i tassi solamente nel 2018. La possibilità di una pausa nei rialzi, con quattro rialzi abbastanza ravvicinati (fine 2016, marzo 2017 e altri due in programma) potrebbe essere in grado di istituire uno scenario coerente con un parziale arretramento del dollaro.
Riforma fiscale
Intanto, sul fronte della tanto attesa riforma fiscale, è molto probabile – dicono i quotidiani USA – che Trump stia cercando di modificare strategia rispetto a quella seguita sul tema della sanità, probabilmente agendo con maggiore cautela al fine di non incappare in spiacevoli conseguenze, dagli esiti più gravi di quelli determinati dal flop del tentativo di affossamento dell’Obamacare: tra gli operatori sta così iniziando a insinuarsi il dubbio che il piano non riesca a essere pronto già per l’estate, con ciò che ne potrebbe derivare sul fronte Forex (upside ridotto per il dollaro).
E l’euro?
Dinanzi a un simile scenario, l’euro si mantiene ancora stabile in area 1,06 EUR/USD, con qualche incursione in più però al di sotto di 1,0650 EUR/USD. Il merito è del fatto che ieri i PMI dell’area (servizi e composito) sono stati rivisti al ribasso rispetto alla stima preliminare, ribadendo comunque il miglioramento di marzo. Intanto, Draghi questa mattina ha dichiarato che non vi sarebbero sufficienti presupposti per poter modificare la stance di policy, poiché i dati non forniscono ancora indicazioni di sufficiente e autonoma risalita dell’inflazione verso il target, richiedendo alla Banca Centrale Europea di poter mantenere condizioni ampiamente accomodanti.