Investimenti

Draghi promette condizioni accomodanti, il dollaro sale ancora

Scritto da Roberto Rossi

Il dollaro sale ancora sulla scia delle buone impressioni su un pronto rialzo dei tassi Fed. In Europa, invece, Draghi prosegue nella politica accomodante.

Nelle ultime ore Mario Draghi, nel suo appuntamento pubblico, ha promesso ulteriori condizioni accomodanti nella politica monetaria della Banca Centrale Europea: una condizione che, unitamente al fatto che negli Stati Uniti va consolidandosi l’auspicio per un pronto incremento dei tassi Fed, ha prodotto un ulteriore rafforzamento da parte della valuta verde.

Dollaro ancora più forte

Il dollaro statunitense è salito ulteriormente di posizione, raggiungendo i massimi livelli che erano stati abbandonati a inizio febbraio. Il movimento è stato in parte guidato dal consolidarsi di attese di un rialzo dei tassi Fed entro dicembre. Uno dei temi che si è affacciato sul mercato negli ultimi giorni è che la Fed potrebbe trovarsi di fronte alla necessità di alzare i tassi più delle attese se dopo le elezioni il nuovo presidente attuerà una politica fiscale particolarmente espansiva.

Ad ogni modo, senza affrettare conclusioni da destinare al futuro (pur di breve termine), il nuovo rafforzamento del biglietto verde recentemente sperimentato è da attribuirsi anche a fattori di debolezza di altre valute, in particolare modo della sterlina, di cui parleremo tra breve. Per quanto riguarda i dati, la fiducia dei consumatori è scesa più delle attese ma rimane su livelli elevati, mentre gli altri dati in pubblicazione, di natura mista, non hanno influenzato (se non marginalmente), la dinamica del dollaro.

Draghi parla, l’euro scende (di poco)

Nel suo intervento Draghi ha dichiarato che la BCE intende mantenere condizioni molto accomodanti, pur nella consapevolezza di alcuni effetti collaterali che possono derivare da tassi molto bassi e dal quantitative easing. Draghi ha ripetuto che però lo stimolo elargito finora ha sortito gli effetti desiderati, preservando l’area euro dal rischio di deflazione.

La debolezza, ma per altre motivazioni, sembra aver coinvolto anche la sterlina, che è scesa ancora nei minuti in cui veniva annunciato che il governo – dopo un acceso dibattito interno – ha dato il via libera all’ampliamento dell’aeroporto di Heathrow. La reattività pur eccessiva del cambio a questo genere di notizie si spiega con il fatto che i contrasti politici possono aumentare le preoccupazioni in merito ai negoziati con l’UE su Brexit. Il movimento è comunque rientrato senza difficoltà, in particolare durante l’audizione di Carney, che ha detto tra l’altro che questi movimenti del cambio sono “sbagliati”, pur rilevando che l’incertezza su quelli che saranno gli accordi tra Regno Unito e UE su Brexit ha un peso non irrilevante.

In ogni caso, l’intervento di Carney è stato comunque particolarmente significativo perché il governatore della BoE ha detto che presto l’inflazione comincerà a registrare il deprezzamento della sterlina e che quindi la BoE nelle sue decisioni dovrà tenere conto dell’ulteriore calo registrato nelle ultime settimane. Questo rende meno scontato l’esito della riunione della prossima settimana, dove le attese di mercato erano perlopiù orientate verso un altro taglio dei tassi e tale incertezza aumenta i rischi verso il basso sulla sterlina. Tuttavia, non è sufficiente a eliminare la prospettiva di un successivo – seppur modesto – recupero se l’effetto di Brexit sull’economia domestica dovesse rivelarsi meno drammatico del temuto, soprattutto se il Regno Unito resterà nel mercato unico.

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Sull'autore

Roberto Rossi

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