Pubblicato: 14 Dicembre 2016 di Roberto Rossi
Come abbiamo più volte commentato e approfondito in queste pagine, nel corso della sua riunione dell’8 dicembre, la Banca Centrale Europea ha deciso di prolungare il proprio programma di acquisto titoli almeno fino a tutto il 2017, con un’estensione di nove mesi rispetto alla precedente scadenza di marzo 2017 ma ad un ritmo ridotto, passando cioè da 80 miliardi di euro a 60 miliardi di acquisti al mese.
Indice
Le modifiche tecniche al QE
Oltre che sul fronte quantitativo e dell’impegno agli acquisti mensili, la BCE ha anche modificato alcuni aspetti tecnici del quantitative easing, in maniera tale da ovviare ai vincoli di scarsità di titoli acquistabili. Rimangono invece fermi i tassi di riferimento, con il tasso centrale (refi) che resta pertanto allo 0,0 per cento, il tasso di rifinanziamento marginale a +0,25 per cento e quello sui depositi a -0,4 per cento.
Non è un tapering
Come vi abbiamo documentato in queste pagine, più volte nelle sue dichiarazioni a margine del meeting Draghi si è rifiutato di definire questa scelta un vero e proprio tapering, sostenendo che quest’ultimo è un processo di riduzione costante degli acquisti, mentre la BCE vuole segnalare soltanto la disponibilità ad offrire condizioni monetarie accomodanti per un periodo più lungo.
La reazione dell’euro
Immediatamente all’esito della riunione BCE, l’euro ha reagito con un’azione di forte apprezzamento (il cambio col dollaro statunitense è salito sopra quota 1,08) ma proprio le puntualizzazioni di Draghi hanno successivamente consentito lo storno della valuta unica. In conclusione, la Banca Centrale Europea ha infatti deciso per un’estensione del programma di Quantitative Easing fino al dicembre 2017, seppur in modi e con dimensioni non previste dal mercato, lasciando inalterato il quadro di possibile impatto svalutativo per l’euro.
EUR/USD
Insomma, sulla base di quanto sopra abbiamo ribadito, la cruciale riunione BCE dell’8 dicembre è terminata col prolungamento del QE fino a dicembre 2017. Draghi ha ribadito che le condizioni monetarie espansive della Banca centrale resteranno in essere ancora a lungo, con riflessi svalutativi sulla moneta unica. Dopo la volatilità data dall’inattesa elezione di Trump, il dollaro USA è invece in deciso apprezzamento contro euro, in vista del probabile rialzo Fed. Riteniamo che il cambio EUR/USD mostri ancora qualche margine di deprezzamento, ma la parità dovrebbe essere ancora una volta scongiurata. A partire dalla prossima primavera, invece, l’euro dovrebbe riprendere una graduale corsa al rialzo, giungendo a quota 1,10 – 1,15 tra 12 mesi.
EUR/GBP
Il cambio euro-sterlina – che si è spinto per due volte tra ottobre e novembre sopra quota 0,90, a causa dell’accentuata debolezza della divisa inglese – registra un deciso rientro sotto la soglia di 0,85. Il movimento è più che altro li risultato della scelta della Bank of England di non fare altri tagli dei tassi e delle possibili decisioni dell’Alta Corte inglese circa il voto parlamentare sull’avvio di Brexit. La BCE ha prolungato il QE fino a dicembre 2017, rafforzando le condizioni espansive all’interno dell’Eurozona e contribuendo all’indebolimento dell’euro. Nel breve, il cambio EUR/GBP dovrebbe passare a 0,87-0,89, scendendo ulteriormente nei prossimi trimestri.
EUR/JPY
Per quanto concerne le principali determinanti che stanno condizionando il cambio tra l’euro e lo yen giapponese, archiviato il meeting BCE dell’8 dicembre, l’attenzione è ora tutta incentrata sulla riunione BoJ del 20 dicembre, ma con scarse attese. L’istituto giapponese è rimasto inerte nell’incontro di novembre, dopo che le mosse di politica monetaria espansiva varate a settembre erano già sembrate di scarsa efficacia e non in grado di indebolire lo yen.