La Federal Reserve, anche sulla base delle ultime e più recenti audizioni di Yellen in Commissione bancaria in Senato, sembra supportare la possibilità che già nel corso della riunione del mese di marzo il FOMC possa deliberare un incremento dei tassi di riferimento. Ma sarà realmente così? A nostro giudizio no e… vediamo perché!
Fed: una visione rassicurante, ma senza sorprese
Per poter arrivare alla conclusione di quanto sopra preannunciato, cominciamo con il ricordare che le ultime “uscite” dichiarative della Fed non hanno fornito alcuna sorpresa, sebbene siano state interpretate dal mercato come particolarmente ottimistiche e più “aggressive” del solito.
Lo scenario economico che è stato tratteggiato dal Presidente della Federal Reserve è molto positivo, e chiarisce in misura piuttosto trasparente che i due obiettivi del mandato della Fed (piena occupazione e inflazione al 2%) sono ormai vicini. Yellen afferma in tal proposito che l’aspettativa del FOMC è di crescita economica a un ritmo moderato, sebbene abbia ribadito che lo scenario è comunque soggetto a una considerevole incertezza che sarà legata alla politica fiscale e ad altre politiche negli USA, alla crescita della produttività e agli sviluppi all’estero, con riferimenti che a margine del primo FOMC non erano stati citati così esplicitamente.
Ancora in riferimento alla politica monetaria, non sembrano esservi delle novità, con la Yellen che ha affermato come la Fed si aspetti di continuare a rimuovere lo stimolo monetario. Per quanto invece concerne i tempi di attuazione di tali intuizioni, Yellen ha poi lasciato aperte le date delle prossime mosse affermando che alle prossime riunioni il FOMC valuterà di volta in volta se l’evoluzione economica è in linea con le previsioni e, nel caso in cui si riscontrasse ciò, un aggiustamento del tasso dei fed funds sarebbe probabilmente appropriato.
L’affermazione, pur generica, ha suscitato particolare entusiasmo negli operatori, poiché si tratta di una apertura “ufficiale” del fatto che il FOMC di marzo potrebbe effettivamente andare a alzare i tassi, se lo scenario economico manterrà la rotta attuale, senza subire scossoni dalle variazioni della politica fiscale o di altre politiche che potrebbero turbare l’attuale percorso di consolidamento.
Per quanto attiene le dichiarazioni degli altri partecipanti al FOMC, i vari membri hanno confermato l’esistenza di opinioni diverse sul numero di rialzi dei tassi fed funds che sono attesi nel 2017. Maggiori informazioni saranno invece disponibili sono con la pubblicazione dei verbali, il prossimo 22 febbraio. Per il momento, non possiamo che limitarci nel ricordare come Yellen non abbia in realtà modificato il messaggio derivante dal FOMC di gennaio, secondo cui la politica monetaria è su un sentiero di rialzi che sarà determinato dall’evoluzione della politica fiscale e dei dati.
L’economia USA spinge ancora più del previsto
A proposito di dati, le informazioni sono sicuramente positive, visto e considerato che il mese di febbraio ha portato in dote una serie di sorprese verso l’alto, in termini di attività e in termini di prezzi. Sono infatti positivi i dati sul manifatturiero, quelli di stima di crescita del Pil (2,4% t/t nel primo quarto), e ancora dell’inflazione, accelerata principalmente sulla spinta dell’energia energia.
Tuttavia, a nostro giudizio bisognerà cercare di prendere in maggiore considerazione quel che avverrà sul fronte delle prospettive di politica fiscale, che in questo momento potrebbero essere molto più incisive rispetto a quanto non accada con gli aggiornamenti macro: attualmente, sono emerse informazioni che puntano a tempi forse più lunghi di quanto scontato dal mercato inizialmente. È infatti vero che Trump ha tracciato una rotta relativamente precisa, ma è anche vero che le tappe non sono così serrate come qualcuno ha anticipato: per esempio, l’inquilino della Casa Bianca ha affermato che presenterà un piano per abrogare e sostituire Obamacare a inizio marzo, mentre la riforma del sistema tributario non avverrà prima dell’inizio dell’estate. Il che, in fin dei conti, significa che il provvedimento non potrà essere approvato prima dell’autunno. A sua volta, una simile condizione significa che l’attesa espansione fiscale non avrà effetti prima della metà del 2018.
Insomma, tra i dati economici più positivi del previsto e l’incertezza sulla politica fiscale, la Fed potrebbe prendere in maggiore considerazione la seconda e, di conseguenza, alla fine sceglierà di alzare i tassi oltre marzo.