Oggi è giornata di FOMC negli USA. Ed è, probabilmente, anche la giornata in cui per l’euro potrebbe aprirsi un piccolo baratro. Piccolo, appunto: riteniamo infatti che il mercato abbia già da tempo scontato la possibilità che il comitato di politica monetaria della Fed possa optare per un rincaro dei tassi, e che dunque le ripercussioni nei confronti dell’euro possano essere piuttosto limitate.
Ad ogni modo, quel che a noi interessa maggiormente è quel che accadrà da domani in poi. E sia in riferimento all’area USA, dove ci attendiamo qualche riferimento sulle prossime mosse della Fed, e sia – soprattutto – in area euro, dove rischi politici a parte, la BCE potrebbe avere la grande chance di rinvigorire la valuta unica europea, mantenendo fede alle impressioni superficialmente già elaborate: modifica dei tassi nella riunione di maggio, predisposizione del tapering in autunno / inverno.
Insomma, come vedremo tra breve, davanti alla BCE potrebbe presto esserci una strada lenta e graduale di risalita. Ma andiamo con ordine.
Indice
BCE: rischi meno forti sulla crescita
Per analizzare quel che potrebbe accadere all’euro, non possiamo che partire ribadendo come la BCE abbia indicato, a margine dell’ultimo comitato, l’esistenza di rischi meno pronunciati sulla crescita economica. Un cenno che è stato sufficiente alla valuta unica europea per potersi apprezzare, facendo comprendere agli interessati quanto sia alta la “fame” di buone notizie.
Dopo aver confermato invariati i livelli dei tassi, il programma di acquisto titoli e la forward guidance, nel corso della conferenza stampa relativa all’ultimo meeting BCE, Draghi ha sottolineato inoltre come, nonostante le indicazioni positive giunte di recente, il profilo d’inflazione non sia cambiato e necessiti ancora della piena e completa attuazione della politica monetaria espansiva. Anche questo aspetto comunque non ci stupisce, visto e considerato che lo stesso numero 1 dell’Eurotower ha chiarito come il recente rialzo dei prezzi (soprattutto in alcuni Paesi, come la Germania) sia dovuto all’aumento dell’energia (petrolio) e degli alimentari.
Per quanto attiene gli obiettivi, lo staff economico della BCE, in relazione all’inflazione, ha prodotto significative revisioni, alzando significativamente le stime per l’anno in corso a 1,7 per cento contro il precedente 1,3 per cento, e per il prossimo a 1,6 per cento da 1,5 per cento, lasciando invece invariate quelle per il 2019 a 1,7 per cento. L’impatto revisionale è stato invece inferiore per quanto concerne la crescita, che ha marginalmente rivisto al rialzo la variazione del PIL, a 1,8 per cento da 1,7 per cento per il 2017, a 1,7 per cento da 1,6 per cento per il 2018 mentre ha lasciato invariata a 1,6 per cento la stima 2019.
Complessivamente, lo scenario sembra essere meno “rischioso” del passato e, dunque, la BCE avverte in maniera inferiore il senso di urgenza di intervenire in caso di necessità: proprio questo superamento dell’urgenza è stato interpretato dagli operatori sui cambi come un approccio meno espansivo dell’Istituto centrale, che potrebbe dunque aprire le porte ai due step tanto attesi da una parte dei macro economisti, come la modifica dei tassi di riferimento sul breve termine, e il tapering nel medio termine.
EUR / USD
Veniamo ora a qualche intuizione sull’evoluzione dei principali cambi, partendo da EUR/USD: ricordiamo come Draghi abbia esplicitamente dichiarato che “i rischi sulla crescita dell’area sono diventati meno pronunciati”, e sebbene questa dichiarazione da sola non sia certamente in grado di innescare il rialzo strutturale dell’euro in una fase in cui la Fed è pronta ad alzare i tassi già oggi, può comunque essere ben sufficiente a limitarne il ribasso.
Riteniamo comunque possibile che la BCE modifichi il proprio approccio sui tassi a metà anno e annunci poi entro fine anno l’avvio del tapering, ovvero la riduzione del programma di quantitative easing. Una simile evoluzione potrebbe portare dapprima l’euro a deprezzarsi sui minimi dell’euro, già nelle prossime ore, e per poi avviare un recupero graduale nel corso dell’anno, puntando verso quota 1,10, e il prossimo anno verso quota 1,15.
EUR / GBP
Veniamo dunque al cambio contro sterlina. La valuta unica europea manifesta una discreta tonicità contro la valuta britannica, dopo i toni meno accomodanti utilizzati da Draghi. Abbiamo già ricordato come il mercato abbia letto in maniera abbastanza restrittiva i toni del Presidente BCE nonostante, nei fatti, la politica monetaria dell’Istituto centrale europeo rimanga espansiva almeno fino a fine anno. C’è però l’impressione che qualcosa possa cambiare già a maggio, con una potenziale modifica dei tassi di riferimento, e soprattutto in autunno, con il varo del tapering.
Dal lato della sterlina il focus degli analisti rimane ancora sulla Brexit: è evidente come una soft-Brexit, che non aumenti la volatilità sui mercati, sia lo scenario in grado di sorreggere un recupero della valuta inglese. Tuttavia di soft-Brexit ancora non si può certamente parlare, visto e considerato che le incertezze in merito sono numerose e difficilmente districabili.
Nel breve termine, è possibile che il cambio possa rimanere intorno a 0,86 – 0,87, mentre nel medio lungo termine potrebbe avviarsi una fase calante che nel biennio dovrebbe condurre a 0,80 – 0,82.
EUR / JPY
Concludiamo infine con il movimento di rialzo sull’EUR/JPY, determinato dall’apprezzamento dell’euro dovuto ad un possibile cambio di passo nella politica monetaria della BCE, di cui abbiamo fatto cenno più volte nelle scorse righe. La fase espansiva, nei fatti, non è terminata in Europa ma la lettura data dal mercato ai toni di Draghi è stata certamente meno accomodante, favorendo il rialzo del cambio con lo yen.