Con la consueta e fastosa cerimonia, da ieri Macron è ufficialmente il nuovo presidente francese. Archiviato quanto avvenuto in queste settimane, l’attesa è ora tutta spostata nei confronti di quel che potrebbe accadere nel prossimo futuro, visto e considerato che il suo programma europeista ha suscitato grandi aspettative negli osservatori internazionali e… grande scetticismo: il programma europeista di Macron è effettivamente piuttosto ambizioso, ma la sua realizzazione dovrà necessariamente scontrarsi con un contesto molto, molto difficile.
Una nuova visione di Francia dentro l’UE
Il primo punto di analisi sul quale gli osservatori stanno cercando di dibattere proattivamente è legato a quale sarà la posizione della Francia all’interno dell’UE, fermo restando che Parigi ha manifestato l’intenzione di diventare sempre più protagonista della “nuova” Unione. Gli analisti si domandano pertanto se la Francia continuerà a coltivare il tradizionale rapporto “speciale” con la Germania, soprattutto in questo ultimo anno (così, spera) da osservato speciale, oppure se vorrà forzare la mano sulla riforma della governance europea, preannunciata durante la campagna elettorale.
Per il momento, i presupposti sembrano essere molto interessanti. In un discorso di qualche mese fa, pronunciato proprio in Germania (e mai sede fu più appropriata), Macron indicò con chiarezza quali sarebbero stati, a suo modo di vedere, i 5 pilastri sui quali ricostruire l’Unione: la difesa, le politiche commerciali che includano migliori garanzie di equità, la sostenibilità dello sviluppo, la rivoluzione digitale e il rilancio
dell’Unione Monetaria.
Soffermandosi proprio sull’ultimo punto, Macron affermò che l’euro è incompleto e non può durare senza riforme importanti, per poi aggiungere che oltre al rispetto delle regole concordate è necessario applicare una maggiore solidarietà, creando un bilancio dell’Eurozona, sostenuto da entrate specifiche, effettuando parte delle emissioni di debito in comune e introducendo delle regole comuni su questioni fiscali e sociali, contro il dumping fiscale tra Stati membri.
Il tutto, dichiarò all’epoca Macron (ma immaginiamo che gli stessi concetti siano oggi ben replicabili dal neo presidente) con l’obiettivo di finanziare gli investimenti più cruciali per lo sviluppo dell’area, di garantire la disponibilità di assistenza finanziaria di emergenza attraverso l’ESM, e di aiutare gli Stati colpiti da forti shock economici.
Un programma ambizioso (pure troppo?)
Le buone ambizioni di Macron sembrano per il momento essere troppo elevate per poter essere implementate nel programma che il nuovo presidente francese ha presentato. E i problemi, si intende, non sono solamente di resistenza da parte di qualche Paese UE quanto, almeno in prima battuta, tutti interni.
Ricordiamo infatti come Macron debba infatti costruirsi ancora una “sua” maggioranza parlamentare, e come tale formazione probabilmente richiederà di formare una coalizione con il centro-destra: quanto basta, probabilmente, per poter rivedere la sua piattaforma europeista, tingendola con qualche cromia più tenue.
In secondo luogo, anche a patto che Macron riesca a garantirsi una sufficiente forza interna, ogni riforma dell’Eurozona dovrà procedere per consenso unanime, e di sicuro non può prescindere dall’approvazione di tutti gli Stati più grandi. In particolare, gli interventi più importanti richiederanno la firma di nuovi trattati, o addirittura la riforma dello stesso Trattato sull’UE.
In terzo luogo, il tutto dovrà avvenire in concomitanza con lo sviluppo dei negoziati per il recesso del Regno Unito e la deriva nazionalista in alcuni paesi dell’Europa centro-orientale e ancora la debolezza dei governi in Europa meridionale.
In quarto luogo, come se quanto sopra non fosse sufficiente, c’è pur sempre il “nodo” tedesco. Sebbene anche in Germania vi sia l’evidenza della necessità di un cambiamento di prospettiva, all’interno dei confini tedeschi è probabilmente prematuro parlare di abbandonare l’attenzione alle politiche economiche e fiscali di più rigida ispirazione.
Insomma, il rischio – più che concreto – è che le buone ambizioni di Macron finiranno con lo scontrarsi con una serie di ostacoli tutt’altro che malleabili…