Pubblicato: 28 Dicembre 2016 di Roberto Rossi
Come più volte abbiamo riportato su questo sito, il 2016 è stato un anno ricco di eventi inattesi che hanno reso molto volatile il mercato delle materie prime: tra i numerosi appuntamenti che hanno scombinato i piani degli analisti, ricordiamo l’instabilità geopolitica crescente, la Brexit, l’elezione di Trump e la crisi politica in Europa politica ed in Italia. E nel 2017 cosa accadrà?
Indice
Un primo sguardo al 2017
Nel corso del prossimo anno gli operatori sulle materie prime dovranno anzitutto metabolizzare il nuovo contesto di rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve e la fase elettorale in Europa: il 2017 è infatti anno denso di appuntamenti elettorali, all’interno dei quali probabilmente bisognerà aggiungere quello italiano. In ulteriore luogo, i mercati dovranno cercare di toccare con mano la credibilità dei tagli ad opera dei produttori OPEC e non-OPEC.
L’accordo OPEC – non OPEC è il perno di tutte le analisi
Dopo le resistenze sul taglio della produzione, il comparto ha registrato un recupero molto forte sul finale di 2016 grazie al raggiunto accordo fra i produttori OPEC e non-OPEC per una riduzione dei livelli produttivi a partire dal 1 gennaio 2017. Il petrolio ha recuperato ancora a dicembre e si è portato molto lontano dai minimi sotto i 30 dollari segnati a inizio 2016, ritoccando i massimi annuali. Ne consegue che la performance 2016 per il WTI è pari a oltre il 40% su base annua, e per il Brent è a +46,1% su base annua. Naturalmente, non di sole parole si vive. E, pertanto, il mercato resta in attesa dell’effettivo taglio da gennaio 2017, in seno al cartello ed extra-cartello, e si interroga sulla domanda di petrolio per il prossimo anno: un aspetto che pone qualche dubbio sui fondamentali di lungo termine dell’energia.
Ricordiamo, in tal proposito, che secondo quanto stabilito, la riduzione della produzione non OPEC sarà di 558 mila barili al giorno, livello leggermente inferiore al taglio di 600 mila barili giornalieri previsto in origine. Oltre alla Russia (che ha confermato un taglio di 300.000 barili al giorno) e all’Oman (che fin dal principio aveva garantito il suo appoggio) tra i grandi produttori che hanno risposto all’appello ci sono anche il Messico e, a sorpresa, il Kazakhstan, visto il recente avvio, dopo molta attesa, del maxigiacimento di Kashagan. Gli altri Paesi non-OPEC che hanno promesso di contribuire sono Azerbaijan, Bolivia, Brunei, Guinea Equatoriale, Malesia, Sudan e Sud Sudan, anche se con livelli piuttosto variabili.
Mercato in deficit entro sei mesi?
Secondo quanto stabilito nell’ultimo report mensile Oil Market Report dell’IEA (International Energy Agency), l’accordo tra OPEC e produttori non-OPEC volto a limitare la produzione avrà come conseguenza un deficit di offerta sul mercato petrolifero entro la metà del 2017. Sempre secondo la stessa Agenzia, la domanda di petrolio a livello globale supererà nel 1° semestre del prossimo anno l’offerta di circa 600.000 barili al giorno. Tuttavia, come facilmente intuibile, l’IEA sottolinea altresì che la sua stima presume che i Paesi OPEC rispettino pienamente gli impegni assunti, ed è proprio questo il focus di tutta l’attenzione che verrà riprodotta nei prossimi mesi.
Previsioni positive per il 2017
Come abbiamo riportato sul nostro sito, il petrolio ha conseguito una performance piuttosto tonica sul finale di 2016 dopo l’accordo fra i produttori OPEC (-1,2 milioni di barili giornalieri) e non-OPEC (-558 mila barili) volto a ridurre l’offerta globale di greggio. Abbiamo altresì evidenziato come il centro d’attenzione degli operatori per il 2017 rimanga il rispetto dei tagli assegnati ai singoli produttori, al fine di vedere rialzi solidi e duraturi dei prezzi petroliferi. Il raggiunto accordo restituisce credibilità al cartello dei produttori e consolida agli occhi del mercato il tentativo di rafforzare la cooperazione tra produttori OPEC e non-OPEC, raramente in sintonia sulle scelte strategiche da attuare sul mercato petrolifero. Pertanto, è lecito pensare che tale accordo possa avere un impatto migliorativo sui fondamentali di mercato solo se verrà correttamente implementato, accelerando il riequilibrio del mercato e avviando il processo di riduzione delle scorte, che potrebbero iniziare a scendere nel secondo semestre 2017 a patto che il target produttivo deciso sia mantenuto per almeno un anno. Inoltre, l’attuazione puntuale dell’intesa potrebbe diminuire la volatilità dei prezzi e favorire gli investimenti a medio-lungo termine.
Più difficile invece compiere delle stime sul lungo periodo. Molti sono i progetti estrattivi sospesi, con un cenno di particolare riferimento per quanto concerne lo shale oil, che necessita di quotazioni petrolifere ben superiori alle attuali (almeno 60 dollari) per poterne garantire la redditività.
Dunque, investire sul petrolio nel 2017 potrebbe risultare un buon affare, con prezzi moderatamente in crescita trimestre dopo trimestre. Il principale rischio è ancora relativo alla possibilità che, in buona sostanza, all’interno dell’OPEC o all’esterno del cartello, qualche Paese non rispetti i piani di riduzione, senza che tali carenze siano compensate.