Nel corso del 2016 il PIL italiano è cresciuto di 1,6% ai prezzi di mercato e di 0,9% in volume. Si tratta di un dato che risulta essere coerente con quello già comunicato dall’Istat in occasione della diffusione della stima preliminare sul 4° trimestre dell’anno. Complessivamente, si tratta di una accelerazione di un solo decimo di punto percentuale rispetto a quanto l’Italia riuscì a fare nel 2015, ma se si considera la correzione legata ai giorni lavorativi, la variazione positiva sale a circa 3 decimi (a 1% da 0,7% del 2015).
Ulteriormente, la crescita del PIL è risultata essere leggermente più alta di quella inclusa nei documenti di finanza pubblica in termini reali (0,9% contro 0,8%) ma leggermente più bassa in termini nominali (1,6% vs 1,8%), a causa di una crescita inferiore al previsto del deflatore. Si tenga inoltre conto come il livello del PIL ai prezzi di mercato è risultato essere in linea con quello dello scenario programmatico del governo.
La domanda interna fa da protagonista
Come ampiamente atteso, la crescita economica reale è stata determinata in maniera pressochè integrale dal contributo della domanda interna, che è cresciuta dell’1,4% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, a sorprendere gli analisti è soprattutto il dettaglio delle voci, visto e considerato che appare essere piuttosto evidente un rallentamento dei consumi delle famiglie, che passano da 1,5% a 1,3%, sia ai prezzi di mercato che in volume, contro una vivace accelerazione degli investimenti, che passano dall’1,6% del 2015 a – addirittura – 2,9% del 2016.
Non solo: all’interno della macro voce investimenti, spicca non solamente l’accelerazione della spesa in mezzi di trasporto (a 27,3% da 20,3%) e il rimbalzo delle costruzioni (+1,1% da -0,4%), quanto anche – e soprattutto lo sviluppo del 3,9% degli investimenti in macchinari e attrezzature, in accelerazione da 2,5% del 2015.
La domanda esterna frena la crescita
Se la domanda interna produce un’ottima spinta propulsiva, lo stesso non si può purtroppo dire nei confronti della domanda estera, che frena la crescita di un decimo di punto: l’import è infatti salito ben più dell’export (2,9% contro 2,5%), anche se all’interno di un contesto di rallentamento per entrambi i flussi rispetto all’anno precedente.
Deludono anche i dati sulle scorte, che danneggiano la crescita per quattro decimi di PIL.
I dati sulla finanza pubblica
Concludendo infine con un rapido sguardo sulla finanza pubblica, emerge come anche gli ultimi dati pubblicati siano stati in linea con le attese degli analisti e con gli obiettivi dell’esecutivo. In particolar modo, il rapporto tra deficit e PIL è stato pari al 2,4%, in linea con lo scenario programmatico del governo e in miglioramento rispetto al 2,7% del 2015.
Peraltro, il miglioramento del dato rispetto a quanto rilevato nel corso dell’anno precedente è determinata in maniera quasi equilibrata dai risparmi sulla spesa per interessi (che diminuita di 1,7 miliardi, dal 4,1% al 4% del PIL) e da un maggior avanzo primario (in crescita di 1,9 mld, da 1,4% a 1,5% del PIL). Le entrate sono così diminuite di sei decimi (da 47,8% a 47,2%) a fronte di un calo delle uscite al netto degli interessi di circa otto decimi (da 46,3% a 45,6%). La pressione fiscale è scesa al 42,9% del PIL rispetto al 43,3% dei due anni precedenti (e al 43,6% del biennio 2012-13).
Infine, viene evidenziato come il rapporto debito/PIL sia cresciuto al 132,6%, dal 132% del 2015, ma sotto il 132,8% che era stato atteso dal governo.