Ieri abbiamo avuto modo di anticipare quelle che potrebbero essere – a nostro giudizio – alcune delle principali considerazioni che la Banca Centrale Europea formulerà nella riunione in programma per domani, giovedì 20 ottobre 2016. Ebbene, subito dopo sarà necessario spostare la propria attenzione per la riunione dell’altra grande Banca Centrale di riferimento nell’ottica euro-americana, la Federal Reserve, che ai primi di novembre si riunirà in una seduta che, effettivamente, potrebbe essere contraddistinta dalle stesse connotazioni di transitorietà che ci attendiamo dal meeting BCE.
Le ultime dichiarazioni dei membri Fed
Per saperne un po’ di più, cerchiamo di aggiornare le nostre ultime valutazioni riprendendo in mano quanto dichiarato da Fischer (vice-presidente del board della Federal Reserve), il quale ha affermato che la propria banca è oramai vicina ai suoi obiettivi. Fischer ha poi sottolineato le difficoltà di condurre la politica monetaria con i tassi vicini a zero, in una situazione di bassa crescita potenziale. Secondo Fischer la politica fiscale potrebbe aiutare a spingere verso l’alto la crescita della produttività.
Con tali affermazioni, Fischer si è poi inserito nel dibattito aperto dalla presidente Yellen sull’opportunità di portare l’economia a una situazione di “alta pressione”, caratterizzata da overshooting dell’equilibrio nel mercato del lavoro. Secondo Fischer portare il tasso di disoccupazione al di sotto del livello di equilibrio, o delle stime di equilibrio, non è pericoloso, ma proseguire nella strategia di surriscaldamento “fino a quando il tasso di inflazione ci dice che abbiamo torto” implicherebbe che la politica monetaria si muove troppo tardi, con rischi di successiva recessione. Casi analoghi in passato “non sono finiti bene”, ha poi aggiunto Fischer.
Insomma, le dichiarazioni del vice presidente del board ci dicono chiaramente che il dibattito sul tema del “surriscaldamento” è stato al centro della riunione di settembre, che si è conclusa con un Comitato profondamente spaccato sulle implicazioni di policy, e potrebbe fare lo stesso, con qualche attenuazione, anche a novembre, quando ci attendiamo che la Fed assuma una nuova posizione di stand by in vista del meeting di dicembre.
I dati macro guideranno il rialzo tassi
Naturalmente, le ipotesi di cui sopra non possono che tenere in debita considerazione il rispetto del supporto garantito dai dati macro in corso di pubblicazione. Per il momento, le informazioni pubblicate sono in linea con le prospettive di ripresa più volte formalizzate.
Tra i vari, la produzione industriale a settembre è aumentata di 0,1 per cento su base mensile dopo -0,5 per cento su base mensile ad agosto, e segna il terzo rialzo in quattro mesi. L’output cresce di 0,2 punti percentuali mese su mese nel manifatturiero e di 0,4 punti percentuali mese su mese nell’estrattivo, mentre corregge di -1 per cento su base mensile nelle utility. I dati segnalano quindi una modesta espansione nel manifatturiero e indicano che l’aumento del prezzo del petrolio sta spingendo in
territorio positivo l’attività nell’estrattivo. Gli investimenti in questo settore nel terzo trimestre dovrebbero segnare un ampio rimbalzo dopo le enormi correzioni dei 3 trimestri precedenti. L’indice Empire della NY Fed corregge intanto a -6,8 punti a ottobre, da -2 punti di settembre, e resta al di sotto dello zero per il terzo mese consecutivo, contro attese per un ritorno in territorio modestamente positivo.
Segnali misti sembrano invece provenire dai dati sui consumi. Le vendite al dettaglio si mostrano in recupero a settembre e mettono a segno un incremento di +0,6 per cento mese su mese dopo che il dato di agosto è stato rivisto al rialzo da -0,3 per cento su base mensile a -0,2 per cento mese su mese. L’incremento è il più robusto degli ultimi tre mesi e conferma la ripresa dei consumi, anche se la crescita media delle vendite nel terzo trimestre dovrebbe comunque registrare una correzione rispetto al record del secondo trimestre. Le vendite core, al netto di carburante e auto, registrano una solida accelerazione, dal +0,0 per cento di luglio a +0,3 per cento, su base mensile. Di segno negativo è invece la variazione della fiducia dei consumatori con l’indice dell’University of Michigan che in ottobre crolla al minimo da un anno, passando da 91,2 punti a 87,9 punti. Il sondaggio dovrebbe peraltro essere stato condizionato dall’incertezza legata alle imminenti elezioni presidenziali e potrebbe lasciare spazio a successivi recuperi
dopo il voto.
Uno sguardo al mercato azionario
In tale contesto, si noti come a livello settoriale, il clima di maggior attesa per le future
mosse della Fed e per il prosieguo delle trimestrali premia nel brevissimo i comparti difensivi. In particolare, torna a mostrare forza relativa il settore Utility, beneficiando anche del vantaggio nei sondaggi del candidato democratico Clinton, il cui programma economico poggia anche su una continuità nella politica di potenziamento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. All’interno del comparto, le migliori performance – sottolinea un dossier ISP – vengono registrate da società green.
Mantengono forza relativa i Finanziari, grazie anche alle prime indicazioni positive derivanti dalle trimestrali, che evidenziano ancora un apporto importante dalle attività da trading. L’attesa di ulteriori rialzi dei tassi rappresenta anche un altro importante driver di sostegno per il comparto. Sottoperformance del Farmaceutico, zavorrato dalla revisione al ribasso delle stime di ricavi di alcuni gruppi del settore.