Quella che sta iniziando è una settimana molto intensa sul fronte statunitense, condita da tanti avvenimenti che potrebbero influenzare in modo significativo i mercati finanziari. Dalle dichiarazioni di Trump al Congresso a quelle di Yellen e di altri membri Fed, ci attendiamo una ricca gamma di spunti che – al loro termine – dovrebbero aiutarci a comprendere che cosa avverrà sul fronte della politica monetaria interna. Cerchiamo tuttavia di anticipare i tempi, e domandiamoci: che cosa ha in mente la Fed?
Una Fed più aggressiva del previsto (ma solo in apparenza)
Cominciamo con un piccolo passo indietro, legato alla lettura dei verbali della riunione del FOMC di fine gennaio, il primo appuntamento del 2017. Come abbiamo avuto modo di sottolineare in diverse occasioni, negli scorsi giorni, i contenuti dei verbali sono stati letti dal mercato come relativamente “dovish”, ma in realtà – a una seconda lettura più approfondita – hanno mostrato chiari intenti “hawkish” rispetto alla relativa neutralità del comunicato con il quale il FOMC di gennaio era stato mandato in archivio.
Dai verbali emerge anzitutto come lo scenario economico rimanga molto positivo, pur con una serie di rischi al rialzo e soprattutto al ribasso, ma non dai risvolti drammatici. Tra quelli legati all’alto non possiamo che sottolineare la politica fiscale di Donald Trump – che in settimana dovrebbe farsi leggermente più chiara (ma guai ad attendersi dei chiarimenti troppo espliciti, poiché non sarà quella l’occasione giusta), o ancora l’andamento favorevole potenziale dei mercati azionari. Tra i rischi al ribasso, abbiamo ribadito più volte la presenza di un dollaro troppo forte nei confronti delle principali valute controparte (di qui le accuse dell’amministrazione Trump rivolte soprattutto alla Germania e all’euro), il rischio di un protezionismo troppo spinto, la fragilità finanziaria estera.
Uno scenario costante, ma un po’ più aperto
In questo contesto, lo scenario di politica monetaria della Federal Reserve, a leggere le posizioni dei principali partecipanti, sembra essere poco variato rispetto alle conclusioni cui era possibile arrivare con il FOMC di dicembre, con la maggior parte dei partecipanti che continua a confermare la propria posizione di favore nei confronti di un “ritmo graduale di rialzi”, nonostante un clima di evidente e crescente incertezza. Esistono tuttavia anche posizioni un po’ più spinte, non palesate, che favorirebbero un’accelerazione del ritmo di rialzo dei tassi, e forse anche nella loro misura e numero complessivo, se lo scenario dovesse rimanere favorevole.
Di qui, la necessità di prevedere quanti saranno i rialzi che la Fed ha intenzione di elaborare. Nel corso del biennio 2015/2016 il ritmo è stato molto scarso, pari a un solo rialzo all’anno, e il FOMC non ha fornito indicazioni ulteriori rispetto a quelle che emergono dalle proiezioni di dicembre, nelle quali vengono stimati tre rialzi e, dunque, più di quanto non sia stato realizzato nei due anni precedenti.
Una discussione accesa
Anche alla luce di quanto sopra, e di quel che è avvenuto tra il FOMC di gennaio e questi giorni di fine febbraio, è lecito immaginare che le discussioni tra i partecipanti al comitato di politica monetaria siano molto accese e, probabilmente, ben più di quanto si potesse inizialmente immaginare e ipotizzare. Al FOMC di marzo ci sarà sicuramente una schiera di partecipanti che ritengono che sia appropriato alzare i tassi piuttosto presto, se le informazioni sul mercato del lavoro e sull’inflazione saranno in linea o più forti di quanto atteso. Tuttavia, altri partecipanti potrebbero essere contrari a una simile mossa, preferendo invece un approccio più prudente e, forse, adottando un’interpretazione del termine “graduale” che possa tradursi in un solo rialzo nel 2017, o in massimo due ritocchi.
Proprio in virtù di quanto accennato, la settimana si fa particolarmente interessante sul fronte delle dichiarazioni programmatiche della Fed. Yellen ha infatti recentemente affermato che nelle “prossime riunioni” si valuterà un rialzo dei tassi, e il fatto che abbia prudentemente fatto riferimento al plurale non è certo casuale, poiché mantiene elevata l’attenzione degli analisti su più date.
A nostro giudizio, in attesa di ascoltare Trump prima e Yellen poi, riteniamo che sarebbe opportuno avvicinarsi al FOMC di marzo con particolare e viva curiosità, poiché viva sarà anche la riunione del prossimo mese, rendendo così ancora più significativa la serie di dati macro economici che usciranno da qui al prossimo FOMC. L’incertezza e la dispersione di opinioni che è emersa dagli ultimi verbali condurranno certamente a diversi dissensi, qualsiasi sia la decisione sui tassi presa a marzo.
A nostro giudizio, però, sebbene il rialzo dei tassi a marzo sia diventato più probabile, ciò non costituisce lo scenario centrale. Ci teniamo tuttavia pronto a modificarlo al termine di questa settimana e, soprattutto, dopo il 3 marzo, data nella quale Yellen terrà un discorso che potrebbe essere fondamentale per poter rivalutare il quadro di breve termine.