Pubblicato: 30 Gennaio 2017 di Roberto Rossi
La guerra commerciale aperta con le dichiarazioni e i provvedimenti del presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha trovato terreno fertile in un Messico evidentemente stanco di “incassare” gli attacchi mediatici dei cugini nordamericani. E così, dopo la promessa costruzione del muro e le altrettanto stimate sanzioni per le compagnie statunitensi che delocalizzano in Messico (e non solo), i messicani reagiscono con alcune azioni che, dagli effetti di immagine, potrebbero presto tradursi in concretezza.
Una reazione partita dai social network
Anche questa volta, a fornire l’impulso per la reazione messicana sono i social network, da cui è partita un’ondata di orgoglio nazionale senza termini di riferimento precedente. Su Facebook & co. si sono rapidamente moltiplicati gli inviti a non acquistare più prodotti statunitensi, boicottando Starbuck, Coca Cola, McDonald’s, Burger King, Walmart, Home Depot e tutti quegli operatori presenti, con alterne fortune, al di là dei confini meridionali a stelle e strisce.
Associazioni dei consumatori e imprese pronte a supportare le campagne
Contrariamente ad altre iniziative lanciate sui social network, queste campagne di boicottaggio sembrano ora avere gambe più lunghe e forti. Tanto che le stesse associazioni dei consumatori messicani si sono dette pronte a promuovere tali iniziative su tutto il territorio nazionale, cavalcando un’ondata di indignazione sorta prima dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, e che ha il suo “simbolo” principale la decisione di elevare un nuovo muro per poter arginare l’immigrazione messicana (negli Stati Uniti vivono più di 32 milioni di cittadini del Messico).
Oltre alle associazioni dei consumatori, anche le imprese messicane sono pronte a far la loro parte: le grandi corporation del Paese (tra cui anche i gruppi cui fa capo il miliardario Carlos Slim, uno degli uomini più ricchi del mondo) promettono di non acquistare più tecnologia americana, andando così ad acuire una spaccatura socio-economica tra i due Paesi.
Altro fenomeno in fase di crescente diffusione è quello dello shopping “oltre confine”: la classe benestante delle aree settentrionali del Messico, al confine con gli Stati Uniti, approfittano del weekend per una piacevole sosta al Nord, comprando profumi, abbigliamento, articoli di lusso e tanto altro. Un’abitudine talmente consolidata che, sostengono alcune ricerche, “peserebbe” per circa 1,5 miliardi di dollari di acquisti ogni anno: il governo ha ora invitato a porre fine a tale prassi, con una idea di boicottaggio che potrebbe avere effetti piuttosto tangibili sulle economie di Arizona, California, Nevada e Texas.
Una colonna sonora sgradita
Il vento dell’anti americanismo non si ferma tuttavia qui. E “suona” forte anche dalle radio del Paese, visto e considerato che qualche giorno fa trenta stazioni messicane si sono unite per poter trasmettere insieme, alla stessa ora, una canzone di protesta contro Trump realizzata dal gruppo locale “Califanes” (per i più curiosi e/o interessati, la canzone si trova su YouTube con il titolo “Aqui no es asì”, “Qui non è così”).
Tutti scontenti, dunque? Forse si. O, almeno, quasi: pare infatti che dal momento dell’insediamento di Trump a guadagnare posizioni e preferenze sia Amlo, acronimo dietro il quale si cela Andrés Manuel Lopez Obrador, punto di riferimento della parte più populista della sinistra messicana il cui nome, in vista delle prossime elezioni, potrebbe diventare improvvisamente molto più famoso…