Innovazione e startup

Se Steve Jobs fosse nato a Napoli

Scritto da Sofia Ricciardi

Cosa sarebbe successo se Steve Jobs fosse nato a Napoli, o più semplicemente in Italia? Scopriamolo insieme. Clicca qua.

Se Steve Jobs fosse nato a Napoli, cosa sarebbe diventato a Napoli, cosa gli sarebbe successo? Beh, soltanto una frase come questa, fa un po’ ridere. Napoli è il regno dell’illegalità, è inutile negarlo, basta leggersi un attimo qualsiasi libro (uno a caso, Gomorra) per capire come a Napoli ci siano tante persone oneste, che purtroppo devono fare i conti con la malavita e l’illegalità che regna sovrana.

Due ragazzi, Steve Jobs e Steve Wozniak, da un garage anonimo, inventano il computer del futuro, che va veloce e non prende virus. La storia, in America, avrebbe potuto avere un lieto fine (e infatti ce l’ha avuta, la Apple è oggi l’azienda più ricca del mondo) fatta di gloria, soldi e successo, in California. Ma sarebbe successo lo stesso in quel di Napoli?

A Napoli, inventare il futuro non conta nulla, non basta a cambiare il destino. Di questo parla il blog post, diventato poi libro, del superlativo Antonio Menna.

La storia è semplice: Stefano Lavori e Stefano Vozzini, gli alter-ego di Jobs e Wozniak, ma che abitano non nelle lussureggianti colline della California, ma bensì nei quartieri spagnoli, uno dei quartieri più malfamati di Napoli. Vogliono inventare un computer, la base c’è già, va solo messa in pratica.

Avviano la loro attività, inventano il loro rivoluzionario computer, ma si devono inevitabilmente scontrare con il peggio del peggio del Belpaese. I prestiti, in Italia, si fanno solo a chi ha i soldi, o agli “amici degli amici”, la burocrazia chiude un occhio solo e soltanto su chi è “ammanicato”, rimanendo comunque vigili sui poveracci.

Impossibile chiedere un prestito, per quello servono i genitori, e non viene fatto credito a chi non ha niente, in Italia.

I vigili urbani li beccano perché il garage “non è a norma”, anche se in realtà stavano solo sperimentando.

Riescono però a fare qualche soldo, vendendo il primo computer, assemblato vendendo il loro motorino. Purtroppo per decollare serve un vero e proprio capitale, che purtroppo non c’è. Le banche fanno credito senza troppi problemi “agli amici degli amici” me rifiutando di farlo a chi gli serve davvero, e poi falliscono con un bel “bail-in” e “bad-bank” proprio perché l’80% dei crediti in sofferenza è dato alle grandi aziende.

Poi arriva anche la Finanza, poi l’Ispettorato del Lavoro, l’Ufficio Igiene. Tutti i soldi fatti con il primo computer sono finiti, i primi guadagni non ci sono più. Il computer però va alla grande, ne vanno fatti altri, ma dove prendere i soldi?

Ci sono i fondi europei, che sono degli incentivi all’autoimpresa. Un commercialista dice di essere bravo a fare questo pratiche, e promette loro di trovargli un finanziamento a fondo perduto di almeno 100 mila euro. I soldi arrivano però a rendicontazione, è quindi necessario sostenere le spese. Va attrezzato il laboratorio e bisogna partire con le attività, poi arriveranno i rimborsi. Va aperta la partita IVA (che costa migliaia e migliaia di euro l’anno), registrare lo statuto dal notaio, le posizioni previdenziali, la pratica dal fiscalista, il conto corrente (che non viene aperto a chi non ha nulla) quindi un genitore dovrà entrare nell’azienda, i libri contabili da vidimare. E poi qualche “regalo” a chi di dovere deve essere fatto, altrimenti il finanziamento non arriva.

Ma non ci sono soldi, neanche per fare queste “poche” carte per iniziare. Impossibile incominciare. I due ragazzini decidono di optare per l’ultima spiaggia, di farsi prestare qualche soldo dai genitori, di vendere qualsiasi cosa stia nella loro camera, e ci riescono a fare tutte le carte. Hanno finalmente una società, ma hanno dei costi fissi abbastanza insormontabili però: il commercialista, e l’ispettorato del lavoro, ufficio tecnico del Comune o i vigili sanitari se vendono che il garage non è a norma, sono altri soldi da spendere.

Riescono a vendere una decina di computer, tutto sembra andare per il meglio, nonostante quasi tutto vada perso nelle spese fisse, sempre più alte.

Steve-Jobs-Napoli-Gomorra

Anche se i due ragazzini, fossero abbastanza “affamati e folli” per non arrendersi a perseguire il loro sogno, poi un bel giorno, alla porta arriva la Camorra, e lì sì che finisce veramente tutto, perché lì si rischia anche di morire ammazzati. Meglio morire poveri, che morire ammazzati. Soprattutto a Napoli.

Sappiamo che state guadagnando, dovete fare un regalo ai ragazzi che stanno in galera. “Come sarebbe?”. “Pagate, è meglio per voi”.

Se pagano, finiscono tutti i soldi e chiudono baracca e burattini. Se non pagano, la Camorra gli fa esplodere il garage. Se vanno alla polizia e li denunciano? Sono morti. Se non li denunciano e la polizia scopre quello che è successo, vanno pure i due Stefano in galera. Non c’è scampo.

Il Paese Italia, sguazza purtroppo nei suoi mali, e incoraggia la cosiddetta fuga di cervelli. Che ormai vede emigrare un italiano anche solo per andare a fare il lavapiatti a Londra. Ridicolo, ma è la realtà.

Potrebbe sembrare una storia fatalista, e dispregiativa nei confronti del sud, ma è purtroppo una condizione che ormai si trova in tutta Italia. In questo paese è sempre più difficile fare azienda, in un paese pieno di burocrazia e complessità, è veramente più facile andarsene che restare.

Gli Stati Uniti d’America, e la sua straordinaria storia libertina e rivoluzionaria, ha creato negli anni i presupposti per valorizzare appieno i propri creativi, perché qui non si tratta di geni o creativi, li abbiamo anche noi e non solo noi, ma una straordinaria capacità di marketing e di semplificare ciò che è complesso, qualità che hanno solo loro, purtroppo.
Per Stefano Lavori e Stefano Vozzini, lo scoraggiamento prevale. I fondi regionali non arrivano. Le tasse li hanno rovinati. Un giorno, il padre porta il figlio Stefano Lavori in disparte: “Svuota il garage così lo affitto per le auto, sarà meglio.” Dal quel momento si occuperanno del posteggio per le auto, altro che Apple. “La Apple di Napoli non avrebbe mai potuto vedere la luce giorno”, scrive Antonio Menna, “la Apple in provincia di Napoli non sarebbe mai nata, perché saremo pure affamati e folli, ma se nasci nel posto sbagliato rimani con la fame e la pazzia, e niente più.”

E pensare che sarebbe potuto succedere ancora di peggio. Cosa sarebbe potuto succedere se i due Stefano, avessero assunto anche “Gennariello”, il figlio di un amico del padre di Lavori, che si offre di lavorare ogni tanto nel garage, in cambio di un compenso. Cosa sarebbe successo se uno dei due Stefano avesse trovato Gennariello che giocava a pallone nel garage, sgridandolo e bucandogli il pallone? Semplice: Gennariello sarebbe andato con il padre al patronato dietro l’angolo, facendo partire una vertenza a tutti e due gli Stefano, che si trovano a doverlo assumere a tempo pieno grazie al Giudice del Lavoro. La fine per il loro esiguo capitale iniziale.

Questa è l’Italia, dove tutto è il contrario di tutto. Ma il problema è l’Italia, o sono gli Italiani?

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Sull'autore

Sofia Ricciardi

Sofia Ricciardi, nata nel 1964, è un'eccellenza nel mondo finanziario, con una carriera impreziosita da successi notevoli e da un impegno costante nella democratizzazione degli investimenti in borsa. Laureata in Economia presso l'Università Bocconi di Milano, ha iniziato la sua carriera nelle sale operative di prestigiose banche d'affari a Londra e New York, guadagnandosi ruoli di crescente importanza grazie alla sua specializzazione in strategie di investimento e gestione del rischio. Con oltre tre decenni di esperienza, Sofia ha dimostrato una notevole capacità di anticipare le dinamiche dei mercati finanziari, ottenendo risultati eccellenti sia per le banche che per i loro clienti.

Riconosciuta tra gli esperti per la sua profonda conoscenza del settore e per una strategica comprensione delle tendenze macroeconomiche, Sofia non ha mai perso la sua passione per l'educazione finanziaria. Convinta che il sapere finanziario sia un fondamentale strumento di emancipazione, ha dedicato parte significativa della sua carriera a rendere l'investimento in borsa accessibile a tutti. Ha promosso questa visione tramite workshop, conferenze e pubblicazioni, mirando a dotare persone di ogni background degli strumenti per realizzare i propri sogni economici.

Sofia ha inoltre fondato varie iniziative non profit per migliorare la literacy finanziaria nelle comunità meno avvantaggiate, guadagnandosi rispetto e ammirazione ben oltre il settore finanziario. La sua carriera testimonia come la dedizione alla giustizia sociale possa convivere con il successo nel mondo finanziario, rendendola un modello di come passione, etica del lavoro e impegno sociale possano tradursi in un impatto positivo sulla società.