Pubblicato: 9 Novembre 2016 di Roberto Rossi
Le elezioni presidenziali USA si sono conclude nella maniera più inattesa: Donald Trump, candidato repubblicano, ha ottenuto con facilità la maggioranza dei voti che gli permetteranno di prendere la carica più ambita. Ma quali sono le implicazioni e le ripercussioni che sarebbe opportuno valutare nel breve termine? I mercati finanziari devono realmente temere così tanto Donald Trump?
Meglio essere cauti
In realtà, la storia degli Stati Uniti (e non solo) suggerisce massima cautela nel giudicare le future politiche presidenziali sulla base di tutto quanto emerso in campagna elettorale: la campagna elettorale è infatti un evento nel quale si ripercuotono toni accesi e dichiarazioni aspre, che non sempre rappresentano tuttavia un biglietto da visita di quel che accadrà. A conferma di ciò, sia sufficiente dare uno sguardo ai toni comprensibilmente concilianti utilizzati dal nuovo Presidente con riferimento alla necessità di “unificare” un Paese che, stando ai voti complessivi indipendentemente dall’esito nei singoli Stati, sembrerebbe vedere i democratici aver ottenuto più voti rispetto ai Repubblicani. Tuttavia, come accadde a Gore diversi anni fa, il sistema elettorale collegiale, tendenzialmente maggioritario, in uso nei singoli Stati, non è particolarmente conciliante con il dato complessivo nazionale. Lo avevamo detto a suo tempo, e così è stato: dare uno sguardo ai sondaggi che si limitano ad esprimere il grado di apprezzamento senza tenere conto della distribuzione dei voti era inutile.
Che cosa farà Trump
Vale comunque la pena sottolineare, dal lato strettamente economico, quelli che potrebbero essere i due punti in grado di contraddistinguere in misura più incisiva il programma elettorale di Trump: una politica fiscale fortemente espansiva, e una politica commerciale sostanzialmente più protezionistica.
Per quanto concerne la prima, la politica fiscale significativamente più espansiva di quanto finora siamo stati in grado di riscontrare in chiave democratica, dovrebbe esservi un impulso favorevole alla crescita nel breve periodo, soprattutto se – come da auspici – verrà attuata quella riforma tributaria diretta alla riduzione del carico fiscale soprattutto per le piccole e medie imprese. Va tuttavia sottolineato che le prospettive di deficit e debito in aumento, se non compensate da una crescita economica sufficientemente più alta, penalizzerebbero i Treasury e finirebbero anche per influenzare la politica della Fed. La quale, ben inteso, mantiene ancora come scenario centrale l’incremento dei tassi di riferimento nella sessione di dicembre, riservandosi di valutare il da farsi sulla base del riscontro, a freddo, di quel che sta avvenendo sui mercati. Non è inoltre detto che l’elezione di Trump non possa addirittura “favorire” le mosse della Fed (magari non a dicembre, ma più in là), se l’istituto deciderà di usare la propria politica monetaria per “compensare” quel che succederà sul fronte fiscale.
Anche le implicazioni in termini di politica commerciale sono apparentemente favorevoli per la crescita USA, almeno nel breve periodo, ma potenzialmente più dannose nel medio periodo. Di fatti, e per certi versi potrebbe capitare (in diverse proporzioni) alla Gran Bretagna, in linea di principio un maggiore protezionismo potrebbe apparire un vantaggio per le imprese statunitensi, le ipotesi di “affossare” trattati importanti come il NAFTA e il TPP sarebbero drammatiche per le ripercussioni sul commercio mondiale e, in ultima analisi, per la stessa economia americana. In tal senso, nonostante la maggioranza repubblicana in Congresso (che non necessariamente condivide tutte le politiche annunciate), le probabilità di passaggio di misure così drastiche appaiono limitate.
Insomma, molto dipenderà da quale sarà lo staff di Governo che affiancherà il neo-Presidente: in tal senso il ruolo di Mike Pence come vice-presidente può rappresentare un fattore di garanzia, e sia per la sua maggiore esperienza politica (è stato Governatore dell’Indiana) sia per la sua maggiore prudenza rispetto a Trump, sia ancora per la maggiore vicinanza con l’establishment del partito per il raggiungimento di posizioni di mediazione.
Dunque, che accadrà?
In linea di massima, sebbene sia scontato che l’avvento di Trump rappresenterà una rottura e una certa discontinuità rispetto alle politiche delle amministrazioni democratiche precedenti, è anche vero che questa elezione non sembra modificare drasticamente, per ora, il quadro di crescita dell’economia mondiale e di quella americana, nonché le politiche monetarie estremamente caute da parte delle Banche centrali. Conseguentemente, lo scenario dei mercati rimane caratterizzato da un sostanziale supporto dal lato dei fondamentali, seppur in un contesto volatile giustificato dall’incertezza sulle modalità di attuazione del programma presidenziale americano e dagli eventi politici che si prospettano ancora per i prossimi mesi.
Per quanto concerne la posizione della Federal Reserve nel FOMC di dicembre, ribadiamo che, a nostro giudizio, l’istituto monetario assumerà una posizione di cordiale attesa, cercando di capire come i mercati finanziari riusciranno ad assorbire lo shock determinato da questo evento. È possibile pertanto che proseguiranno degli aggiornamenti costanti fino ai primi del prossimo mese, abbinando l’analisi della situazione evolutiva macro economica a quella legata alle condizioni dei mercati finanziari. Rimane pertanto in piedi, come scenario centrale, l’incremento dei tassi di 25 punti base nel prossimo dicembre.