Pubblicato: 12 Dicembre 2016 di Roberto Rossi
Come anticipato e promesso, anche la Russia si aggiunge al gruppo di Paesi che ha disciplinato i termini di riduzione della propria produzione petrolifera, finalizzata a garantire il raggiungimento di un migliore equilibrio all’interno di un mercato lungamente interessato da un eccesso di offerta. E così, al taglio concordato in sede OPEC, si aggiunge anche il taglio della Russia, un perno esterno fondamentale per poter conseguire il già ricordato obiettivo. Ma è davvero cosa fatta? Quali sono i margini di incertezza che una simile mossa rischia di trascinare dietro di se?
Accordo OPEC – Russia
Cominciamo con un dato di fatto, di per se non certo irrilevante. Anche la Russia ha infatti scelto formalmente di partecipare all’accordo raggiunto dai Paesi del cartello OPEC per poter ridurre la produzione giornaliera di petrolio di 1,2 milioni di barili, scendendo così a quota 32,5 milioni di barili giornalieri. Il contributo della Russia è tangibile: Mosca ha infatti assunto l’impegno di ridurre la propria produzione petrolifera di circa 300 mila barili al giorno, assorbendo la metà dei tagli aggiuntivi stimati nell’area no OPEC, e riguardanti pertanto i Paesi esterni al cartello, ma “dialoganti” con esso.
In tal proposito, si noti come l’intesa non solo è stata suggellata dalle buone intenzioni della Russia, quanto anche dalle positive stime che il ministro russo dell’Energia, Alexander Novak, ha formulato in merito alla propria macro area di appartenenza (quella extra OPEC) sostenendo che altri Paesi aderiranno al proprio comportamento di ridurre i livelli produttivi, e che pertanto non sarà poi così arduo il tentativo di raggiungere altri 300 mila barili giornalieri da “tagliare”, oltre i 300 mila barili già ridotti in casa propria. Tra i principali indiziati, sebbene nessuno abbia già formulato degli auspici precisi, ci sono Azebaijan, Kazakhstan, Oman, Messico, Malesia, Bolivia.
I rischi
Fin qui, gli aspetti più positivi dell’intesa. Vi sono tuttavia molti elementi che inducono a muovere con un pò di calma e cautela nei confronti di tali premesse.
Partiamo dal primo, legato al coinvolgimento di altri Paesi non OPEC oltre alla Russia. Questo punto di incertezza non dovrebbe essere impossibile da arginare, visto e considerato che la platea di potenziali partner da individuare e interessare è ampia, e che al bilancio conclusivo mancano circa 300 mila barili giornalieri: non certo poca cosa rispetto a 1,2 milioni di barili giornalieri tagliati in area OPEC e ai 300 mila barili giornalieri tagliati dalla stessa Russia, ma sicuramente non un colosso insormontabile.
Il secondo punto sul quale vale la pena soffermarsi è legato all’effetto che una simile contrazione produttiva potrebbe realmente avere sugli equilibri di mercato. Le analisi in merito sono piuttosto dubbie: è sufficiente ridurre la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno in area OPEC, e di 600 mila barili al giorno in area extra OPEC, per poter arrivare a un nuovo punto di equilibrio nel medio-breve termine? Per alcuni, così non è. Per altri, un simile nuovo contesto potrebbe condurre a equilibrio verso la metà del prossimo anno.
Il terzo punto interrogativo è legato alla sostenibilità futura dell’intesa. Quel che sta preoccupando in misura crescente gli analisti è che, in un contesto di timida ripresa dei prezzi, alcuni produttori (come gli operatori shale americani) possano tornare a produrre a condizioni convenienti, annullando le mosse del cartello, che da solo conta per il 40% del mercato petrolifero.
Nuovi comportamenti speculativi
Intanto, continuano a sommarsi nuovi comportamenti speculativi dentro e fuori dall’OPEC. Per quanto concerne i livelli produttivi in seno al cartello, le statistiche del mese di novembre rendono noto che si è raggiunto un livello produttivo record: chiaro segno della possibilità di dar seguito a un comportamento speculativo in vista del 1 gennaio 2017, data a partire dalla quale inizierà il periodo di riduzione concordata dei livelli produttivi. Lo stesso potrebbe avvenire anche a Mosca, che inizierà a ridurre la produzione solamente a partire dal marzo 2017.
Per il momento, comunque, gli effetti della riunione OPEC – Russia si sono già fatti sentire sul mercato, nonostante rimanga lo scetticismo per un sensibile incremento dei prezzi nel 2017: il Wti quota oggi intorno ai 51,5 dollari barile, mentre il Brent supera i 54,2 dollari al barile.