Pubblicato: 29 Dicembre 2016 di Roberto Rossi
Il rialzo che il FTSE MIB – il principale indice di riferimento di Piazza Affari – ha messo a segno dal giorno dell’esito del referendum costituzionale supera il 10%. Eppure, il test elettorale si è concluso con un risultato che, nelle previsioni, avrebbe dovuto provocare turbolenze finanziarie. Peraltro, la ripresa del mercato azionario non è iniziata all’indomani del voto, ma almeno una settimana prima. Da lunedì 28 novembre il guadagno del FTSE MIB è stato pari a oltre il 15% e, nello stesso lasso di tempo, l’indice continentale Euro Stoxx ha guadagnato circa la metà, il 7,5%.
Nonostante questo rally la Borsa italiana resta ancora il peggiore listino del Vecchio Continente da inizio anno, valutato che l’indice delle blue chips risulta in perdita di circa 11 punti percentuali contro una lieve positività dell’indice europeo. Tuttavia, nelle ultime settimane la differenza tra i due valori si è assottigliata visibilmente. Come preparasi, dunque, al prossimo anno?
Il recupero del FTSE MIB proseguirà?
Giunti a questo punto, l’elemento più importante agli occhi degli investitori è certamente quello di comprendere se il recupero in atto ha la possibilità di proseguire oppure se per il mercato azionario si preparano settimane all’insegna della volatilità. Pur nella valutazione preliminare che è ben difficile sbilanciarsi in tal senso, è possibile che il clima possa essere moderatamente positivo nelle prossime settimane: stanno infatti migliorando gli indici economici e quelli della fiducia, mentre sul fronte politico sembrano essere venuti meno gli atteggiamenti estremi paventati alla vigilia degli eventi elettorali. Sulla Brexit, in particolar modo, il Governo inglese non ha ancora fatto passi concreti e sembra che l’iter non sia proprio in discesa e negli USA Trump ha notevolmente ridimensionato i toni della campagna elettorale. Nel nostro Paese, le istituzioni sembrano orientate a gestire il dopo Renzi il più possibile all’insegna della continuità.
Un mix di fattori, quello sopra esplicitato, che ha contribuito a ridurre l’incertezza e che, almeno sul fronte interno, sembra essere in grado di produrre nuove rassicurazioni dalla volontà del Governo di creare un fondo con risorse fino a 20 miliardi di euro per il salvataggio delle banche in crisi. Tale fonte pubblica sarebbe in grado di fornire supporto alle banche che attualmente versano in difficoltà, Banca MPS in primis. Al contrario, permane qualche incertezza in merito alla gestione dei crediti deteriorati, che secondo l’ultima rilevazione effettuata da Bankitalia erano pari a 85,4 miliardi di euro a livello netto, e per i quali non si è ancora trovata una soluzione definitiva a livello di sistema.
Banche italiane più solide di quanto si pensi?
Appare molto evidente come anche nelle prossime settimane le sorti di Piazza Affari saranno determinate dalle sorti delle banche, e non solo da MPS. D’altronde, il comparto bancario pesa il 22% sull’indice FTSE MIB, e nel bene o nel male il settore finanziario è una delle matrici dell’intera struttura di Borsa.
Fortunatamente, dal punto di vista patrimoniale, le principali banche italiane sono solide come dimostra il superamento a pieni voti del Supervisory review and evaluation process, l’esame periodico condotto dalla BCE sulla solidità patrimoniale delle banche in vista del 2017. Diversi istituti italiani presentano un livello di solidità patrimoniale di almeno 200 punti base superiore alle indicazioni minime fornite dalla Banca Centrale Europea. Inoltre, il comparto tratta a multipli davvero contenuti sia rispetto alla media europea che rispetto alla media storica. In un’ottica di medio-lungo termine la prospettiva di un rialzo dei tassi d’interesse, che al momento rimane teorico se si pensa anzi che la BCE ha appena prolungato il QE, dovrebbe dare un po’ di respiro ai margini dei bilanci bancari, che da anni risultano compressi.
Come muoversi in un contesto di tassi crescenti
Al di là del brevissimo termine, già nel breve periodo molto dipenderà inoltre dall’avverarsi o meno delle previsioni sull’evoluzione dei tassi di mercato, un fattore che è certamente meglio considerare nelle scelte sui settori azionari maggiormente sensibili all’innalzamento del costo di finanziamento. Tra le aziende svantaggiate spiccano quelle a più elevato indebitamento, ma sono ugualmente penalizzate le società con minore capacità e flessibilità nel passare al cliente l’aumento dei costi indotto dal rialzo dei tassi. I settori nei quali si concentrano questi fattori sono tipicamente l’immobiliare, le telecomunicazioni e le utility.
Le attese di tassi in rialzo potrebbero nuocere anche ai titoli legati ai consumi di base ricorrenti, che hanno rappresentato un’ottima alternativa ai bond per il loro carattere difensivo e gli alti dividendi, un appeal che con tassi in rialzo potrebbe diminuire. Il settore che invece beneficerebbe di più di un rialzo dei tassi è quello finanziario, come assicurazioni e banche. Le banche generano maggiori margini di interesse prestando denaro a tassi maggiori di quelli pagati sulla raccolta, mentre le assicurazioni riescono a garantire polizze vita più appetibili dal punto di vista dei rendimenti. Altri settori favoriti sono i ciclici, che sfruttano il miglioramento macroeconomico che porta all’aumento dei tassi e riescono a spostare a valle l’aumento dei costi.