Mancano pochi giorni al 15 marzo, data nella quale si riunirà il secondo FOMC dell’anno. E, con l’avvicinarsi della data in questione, crescono anche le aspettative per l’esito della riunione del comitato di politica monetaria della Federal Reserve, alimentate dalla comunicazione della Banca centrale degli scorsi giorni, e dalle tante dichiarazioni da parte dei membri dell’istituto monetario, votanti e non votanti. Ma cosa è lecito attendersi? E per quale motivo?
Un rialzo tassi a marzo è “scontato”
Cominciamo con il sottolineare che oramai un rialzo dei tassi di interesse di riferimento nel corso della riunione del mese di marzo è data per scontata dal mercato, con probabilità elevatissima (98% secondo le stime Bloomberg). Si tratta naturalmente anche del nostro scenario centrale, che non era tale fino al mese scorso, quando ritenevamo invece che la Fed avesse intenzione di assumere un atteggiamento più cauto: da quel momento ad oggi sono tuttavia usciti numerosi dati macro economici di supporto positivo, e la situazione politica si è per lo meno resa “tollerabile”.
Dunque, anche alla luce di ciò, riteniamo che la riunione FOMC possa concludersi con un rialzo di 25 punti base e con indicazioni che altri graduali rialzi saranno probabilmente appropriati. Difficilmente però il FOMC riuscirà a raggiungere l’unanimità al suo interno: sono probabili almeno 2 dissensi (uno quasi certo, relativo a Kashkari, e uno possibile, quale quello di Evans).
Perchè la Fed aumenterà i tassi
Sul perchè la Fed procederà con l’aumento dei tassi di riferimento, in parte abbiamo già detto, e in parte diremo ancora nelle righe che seguono. In linea di massima, giova rammentare come tra la fine del mese di febbraio e l’inizio del mese di marzo, il FOMC abbia mostrato ampia coesione su due messaggi: da una parte che gli obiettivi del mandato della Federal Reserve sono praticamente raggiunti e i tassi probabilmente proseguiranno su un sentiero di graduali rialzi; dall’altra parte che il prossimo rialzo con elevatissima probabilità sarà attuato a marzo.
A questo punto, riteniamo che la riunione di questa settimana sia piuttosto interessante non tanto per mandare in archivio il presumibile incremento dei tassi di riferimento, come già anticipato, bensì per tutte le informazioni che emergeranno riguardo alla strategia di politica monetaria che guiderà i rialzi dopo il mese di marzo.
Le dichiarazioni
Dunque, assumendo come certo il rialzo dei tassi del mese di marzo, bisogna volgere lo sguardo alla natura dell’operazione, osservandone i principali risvolti, che potrebbero andare a influenzare anche quel che accadrà dopo. Dopo una settimana di affermazioni diffuse a falchi e colombe, sulla base del quale è opportuno muovere i tassi “prima piuttosto che dopo”, “presto” o “piuttosto presto”, sono arrivati i discorsi di Yellen e Fischer, che hanno definitivamente suggellato l’ipotesi di un aumento alla prossima riunione.
In maggior dettaglio, Yellen ha affermato che “alla nostra riunione più avanti nel mese (…) il Comitato valuterà se l’occupazione e l’inflazione continuano ad evolversi in linea con le nostre aspettative, e in quel caso un ulteriore aggiustamento del tasso dei fed funds sarebbe probabilmente appropriato”.
Fischer (vice presidente Board) ha fatto poi eco, utilizzando delle parole molto chiare ed esplicite, ricordando che “se c’è stato uno sforzo cosciente” per poter sostenere le aspettative di tassi più alti a marzo, “io mi unisco”, nella convinzione che le indicazioni date da un gran numero di membri del FOMC “sia corretto e io lo supporto con forza”.
A margine di ciò, ci sono naturalmente state alcune dichiarazioni molto più prudenti. Si pensi a quelle di Bullard (della St Louis Fed), secondo cui sarebbe più appropriato muovere a maggio, ovvero alla riunione immediatamente successiva a quella del mese di marzo, senza pertanto l’urgenza apparente dal messaggio di voler accelerare i tempi. Tra le dichiarazioni più prudenti c’è anche quella di Evans (Chicago Fed), che potrebbe essere uno dei dissenzienti insieme a Kashkari, che vede ancora rischi di inflazione sotto l’obiettivo.
Le voci apparentemente contrarie o comunque molto più prudenti, non dovrebbero comunque influenzare in modo decisivo il trend significato dalla maggioranza dei partecipanti al FOMC. Peraltro, a scanso di “equivoci”, poco prima della riunione del FOMC el 15 marzo saranno disponibili anche i dati di inflazione (CPI) e di occupazione di febbraio, che dovrebbero essere in linea con lo scenario positivo recente: dunque, gli analisti si attendono la pubblicazione di aggiornamenti statistici in grado di diramare un CPI core in aumento di 0,2 per cento su base mensile (dopo + 0,3 per cento su bas mensile nel corso del mese di gennaio) e crescita di occupati solida, al di sopra di quello coerente con stabilità del tasso di disoccupazione (stimato dalla Federal Reserve nel range fra 75 mila unità e 125 mila unità).