Chi ha investito sul rublo nel corso delle ultime settimane se ne sarà sicuramente accorto: la valuta russa ha compiuto un importante rimbalzo dopo l’accordo OPEC / non OPEC. Ma siamo sicuri che questo periodo di grande forza durerà? Quale impatto avrà l’economia russa sul cambio valutario? E conviene davvero investire sul rublo?
Uno sguardo all’economia russa
Cominciamo, come nostra abitudine, con un preliminare sguardo sull’economia russa, i cui dati più recentemente pubblicati confermano un graduale ritorno alla crescita, nonostante il ritmo sia ancora più lento e traballante di quanto precedentemente sperimentato. La ripresa non ha comunque evitato al 2016 di pensionarsi come il secondo anno di fila di recessione: gli occhi sono dunque puntati sul 2017, anno di presumibile uscita dalla recessione, con un Pil che potrebbe crescere almeno di mezzo punto, e con un biennio successivo di maggiore spinta. Quanto sopra non deve comunque far dimenticare il fatto che esistano ancora dei forti elementi di rallentamento strutturale a livello domestico, come ad esempio la situazione demografica, il grado di sviluppo delle infrastrutture e le caratteristiche istituzionali del sistema economico russo. Inoltre, è evidente come il ritmo della ripresa economica del Paese non potrà che dipendere anche dalla capacità del governo di implementare le necessarie riforme strutturali e di garantire un’attenta gestione della politica fiscale.
A livello locale, la domanda interna farà sentire il suo contributo solo in forma piuttosto contenuta, visto e considerato che si stimano tassi di risparmio particolarmente elevati a fronte di limitati consumi privati. Gli investimenti del mondo delle imprese dovrebbero invece essere scoraggiati da tassi di interesse ancora troppo alti per il ricorso al credito. Molto dipenderà pertanto dal canale estero e, secondariamente, dall’impatto della politica fiscale nazionale: il governo russo ha infatti stabilito un importante target per il disavanzo pubblico, che dovrebbe essere riportato all’1 per cento del PIL entro il 2019. La realizzabilità del piano dipenderà in parte da fattori esterni, come il prezzo del petrolio, e in parte dall’effettiva capacità delle autorità di disporre le necessarie misure di contenimento della spesa pubblica.
Come si sta comportando la Banca centrale russa
In tale contesto, la Banca centrale russa ha aggiornato le proprie previsioni sull’evoluzione dell’inflazione nazionale, verso il target del 4 per cento. Stando alla Banca, l’obiettivo dovrebbe essere ottimisticamente raggiunto entro la fine dell’anno in corso, con abbassamento pertanto di quasi 2 punti percentuali rispetto al livello di fine anno scorso (a novembre l’inflazione si è attestata al 5,8 per cento, ai livelli minimi dal 2012). Molto dipenderà tuttavia dalla conferma – o meno – di quei fattori che hanno condizionato il trend dell’inflazione nel 2016, come la dinamica dei prezzi e l’azione dell’istituto di politica monetaria, che ha confermato il tasso di riferimento al 10 per cento. Ad ogni modo, anche se è vero che l’istituto ha preso atto della tendenza di rallentamento dei prezzi effettivi, il calo delle aspettative d’inflazione rimane infatti soggetto a rischi. La Banca centrale russa ha dunque confermato il proprio impegno a garantire il raggiungimento del target di inflazione grazie al supporto di una politica monetaria ancora restrittiva, aprendo a possibili tagli dei tassi nei prossimi meeting.
Come investire sul rublo
Concludiamo ora con un breve sguardo alla view valutaria, ricordando che, come già accennato in apertura, sfruttando il recupero del prezzo del petrolio greggio, il rublo nel corso della seconda parte del 2016 ha riguadagnato campo nei confronti di tutte le principali valute mondiali. La Russia si è fatta protagonista, nell’area non OPEC, per potersi allineare alla decisione dei produttori arabi di ridurre la produzione, tagliando 300.000 barili giornalieri. Per il 2017 il principale driver che condizionerà il mercato sarà dunque la verifica del rispetto dei tagli assegnati ai singoli produttori (OPEC a -1,2 milioni di barili giornalieri e non-OPEC a 558.000 barili), che si configura essere lo scenario indispensabile per poter toccare con mano dei rialzi solidi e duraturi dei prezzi petroliferi.
Dunque, semplificando forse eccessivamente il contesto, riteniamo che quasi tutto dipenderà dal modo con cui il settore petrolifero raggiungerà il proprio equilibrio: se i nuovi livelli produttivi verranno confermati, il rublo ne trarrà certo vantaggio, e questo spiega peraltro il massimo del rublo di inizio anno contro euro, lasciando auspicare che il trend di rafforzamento della divisa russa nei confronti delle principali valute mondiali possa proseguire ancora, fino ad almeno metà del 2017. Più aleatorietà è invece prevista per la seconda parte dell’anno, quando gli accordi sul taglio produttivo globale di greggio dovrebbero essere revisionati.