I mercati hanno reagito negativamente alla diffusione di alcune notizie di stampa (poi smentite) sul fatto che la BCE si starebbe preparando a un possibile tapering, ovvero a una stretta della sua politica monetaria, ancora prima della fine del quantitative easing, che è previsto per marzo 2017 (ma potrebbe essere prolungato per qualche altro mese). I movimenti determinati da tale rumor hanno determinato correzioni sui mercati obbligazionari e valutari, si sono aggiunti alla visibile volatilità che era già in atto, e che è stata spinta anche dall’ulteriore calo della sterlina legata all’annuncio della tabella di marcia e degli obiettivi operativi per l’attuazione di Brexit (in sintesi, la Premier May ha dichiarato che le procedure per disciplinare l’uscita dall’UE inizieranno a marzo 2017: potrebbero pertanto inserirsi – male! – nel ciclo di nuove tornate elettorali nell’area UE e generare una frizione molto drastica se le previsioni di successo delle posizioni di interessi più nazionalistici dovessero rivelarsi esatte).
BCE: niente stretta?
Soffermandoci ancora sul rumor che tanta agitazione ha creato, segnaliamo come la voce di corridoio sia stata data in pasto ai mercati finanziari da Bloomberg, che nella sua edizione online ha riportato che nella BCE si sarebbe raggiunto un “consenso informale” sul fatto che gli acquisti dovranno essere ridotti gradualmente (per step di 10 miliardi alla volta) quando si deciderà di terminare il programma. La stessa fonte che ha fornito tale indiscrezione a Bloomberg ha poi aggiunto che comunque non si esclude ancora che gli acquisti possano essere estesi oltre la data di scadenza attuale a pieno ritmo, sulla base dell’evoluzione dello scenario.
Insomma, le notizie erano due: da una parte il fatto che il tapering sarebbe stato avviato prima di marzo 2017, e dall’altra il fatto che la scadenza di marzo 2017 potrebbe non esser rispettata. Sui mercati finanziari c’era comunque già l’aspettativa che anche la BCE, come la Federal Reserve, alla fine di un programma di acquisti potesse adottare una qualche forma di tapering. Le indicazioni di una discussione al riguardo sollevano i timori la BCE sia vicina alla fine degli acquisti, ma potrebbero anche rappresentare un test per poter valutare le reazioni di mercato. Insomma, anche se smentite, le voci di una possibile strategia di uscita anche se non imminente, e che una possibile estensione e/o modifica del programma resti al centro delle discussioni della banca centrale, potrebbero esser veritiere, anche se niente è deciso. Dopo la pubblicazione del report di Bloomberg, comunque il responsabile della comunicazione con i media della BCE, ha detto che il consiglio non ha discusso una riduzione del ritmo degli acquisti mensili.
A fare eco a ciò, Praet ha indicato che eventuali “rimodulazioni” della politica monetaria non devono comportare conseguenze negative per il sistema bancario. Le banche europee appaiono più solide che in passato ma resta da gestire il portafoglio crediti deteriorati e la soluzione al problema rimane troppo lenta in alcuni paesi. Secondo Praet, il valore dei titoli obbligazionari non segnala preoccupazioni per la solvibilità degli istituti di credito. Mersch ha contemporaneamente indicato che la BCE rimane attenta agli effetti delle misure di politica monetaria non convenzionali sulla redditività delle banche ma anche sottolineato che gli istituti di credito dovrebbero essere in grado di gestire qualche difficoltà. Knot ha infine aggiunto, affermava un dossier ISP, che i tassi di interesse resteranno bassi più a lungo e ha segnalato preoccupazione per il rialzo dei prezzi immobiliari in Olanda.
Come hanno reagito i mercati
Alla luce delle notizie della BCE (e contemporaneamente da nuove voci di un imminente rialzo dei tassi di riferimento da parte della Federal Reserve, anche se riteniamo molto più probabile che il ritocco in aumento dei tassi avverrà a dicembre, piuttosto che nello spazio lasciato a inizio novembre), i mercati azionari hanno segnato correzioni negli Stati Uniti, ma chiusure positive in Europa, che erano però precedenti alle indicazioni di Bloomberg, salvo poi mostrare correzioni nelle ore successive.
Ampi rialzi nei rendimenti da parte dei mercati obbligazionari, sempre influenzati dalle già ricordate notizie relative al possibile tapering della BCE e ai commenti di Evans dalla Fed in merito a possibili imminenti rialzi dei tassi. Negli USA, i rendimenti a 10 anni sono risaliti in area 1,68%, da 1,61% nel pomeriggio e quelli a 2 anni hanno aggiunto 2-3 pb. Nell’area euro, i rendimenti dei Bund sono saliti di circa 4 pb sul tratto lungo e di 2-3 pb sul breve. I BTP hanno registrato movimenti analoghi. Sui mercati valutari, il rafforzamento delle aspettative di rialzo dei fed funds ha spinto il dollaro al rialzo, con lo yen a ridosso di 103, sui minimi da inizio settembre contro dollaro. La sterlina ha corretto nuovamente (a 1,2729 contro dollaro) dopo nuove informazioni sugli obiettivi operativi per Brexit. L’euro, dopo una giornata all’insegna della debolezza (causata più che altro dalla forza del dollaro), è rimbalzato con le notizie riguardo al tapering della BCE, riportandosi in area 1,1219. Deboli le valute emergenti, sotto il doppio colpo dei timori di politiche monetarie meno espansive in USA e nell’area euro.
Per quanto concerne invece il prossimo futuro a breve termine, non vediamo particolari spunti operativi. Qualche scossone potrebbe arrivare venerdì, quando verranno pubblicati i dati relativi all’andamento del mercato del lavoro negli Stati Uniti: i dati sono attesi positivi, e nell’ipotesi in cui tale view dovesse essere confermata, verrebbe fornito un ulteriore – ennesimo! – spunto alla Federal Reserve per poter sostenere i propri convincimenti sul rialzo dei tassi di riferimento. Anche nell’ipotesi di dati molto positivi, tuttavia, non riteniamo che l’apprezzamento del dollaro statunitense nei confronti dell’euro sarà molto significativo: lo stesso potrà dirsi anche nell’ipotesi di pubblicazione di dati deludenti, per uno scenario comunque minoritario.
Nelle prossime settimane non ci attendiamo pertanto grandi rivoluzioni nella tenuta dei cambi valutari, mentre da novembre la fibrillazione dei mercati potrebbe portare a qualche oscillazione di maggiore entità, sulla quale torneremo certamente a tempo debito.