Pubblicato: 18 Gennaio 2017 di Roberto Rossi
Giovedì 19 gennaio 2017 è in programma la prima riunione dell’anno della Banca Centrale Europea. Ma che cosa è bene attendersi (o non attendersi) dal meeting in programma per dopodomani? Cerchiamo di intuirlo, anticipando alcune delle probabili conclusioni, in questo nostro speciale diviso in due parti (oggi e domani).
Una breve premessa per chi ha poco tempo
Per chi non ha molto tempo da dedicare al tema, ricordiamo come con gli annunci della riunione dello scorso 8 dicembre 2016, la Banca centrale europea abbia attivato il pilota automatico fino a fine 2017, con una politica di quantitative easing a importo “ridotto” per 60 miliardi di euro mensili. Nei fatti, pertanto, quasi nessun analista fino all’estate si attende novità dall’istituto di Mario Draghi; è invece certo che prima della fine dell’anno, il Consiglio sia posto nelle condizioni di comunicare che cosa farà nel 2018. E proprio su tal fronte è bene che i mercati – come stanno già facendo – si posizionino su un percorso di azzeramento molto graduale degli acquisti, per uno scenario che manteniamo essere il principale (almeno per il momento).
Naturalmente, una buona parte delle mosse della BCE dipenderà dai dati macro in futura pubblicazione. È vero che le previsioni della BCE sull’inflazione del triennio 2017-19 non sembrano necessariamente vincolare all’annuncio di un tapering, dal momento che il ritorno dell’inflazione all’1,7 per cento a fine periodo è stato definito incerto e non esattamente in linea con l’obiettivo, ma è altrettanto vero che il rischio di deflazione si sia notevolmente ridotto rispetto a qualche trimestre fa: molto dipenderà dunque dalla dinamica dell’inflazione sottostante. Inoltre, bisogna tenere conto che le misure straordinarie sono sicuramente servite a garantire la tenuta dell’Unione Monetaria, ma dipendono dal persistere di una bassa inflazione. Cosa accadrà quando non saranno più presenti?
Una buona partenza d’anno
Introdotto quanto sopra, vediamo su che terreno si muoverà la Banca Centrale, rammentando come il 2017 si sia aperto con un flusso di notizie positive. Il tema che prevale sui mercati è ancora quello per una fase di crescita globale più sostenuta, in parte su spinta delle politiche reflazionistiche di Trump. Il rischio di disinflazione, come abbiamo in parte ricordato, si è considerevolmente ridotto, se non azzerato, nei Paesi avanzati, come indica il rialzo delle attese di inflazione di mercato, complice anche la dinamica del prezzo del petrolio.
Per quanto concerne i principali movimenti sui mercati finanziari, la fase rialzista di dollaro e degli indici azionari di fine 2016 per ora prosegue, pur con forze che ci sembrano essere meno incisive. Peraltro, l’andamento delle borse ha più che compensato il rialzo dei rendimenti a lungo termine: di riflesso le condizioni finanziarie sono poco cambiate in America e nell’area euro.
È intuibile, però, che le riflessioni di cui sopra esauriranno il loro contributo se l’euforia degli ultimi mesi sui mercati statunitensi non troverà effettivo riscontro nei dettagli sulla riforma fiscale di Trump, che rimane ancora da verificare (nemmeno la prima conferenza stampa da neo presidente eletto ha fornito significative riflessioni in tal senso). In ogni caso, bene tenere conto che le misure avranno effetto solo dalla seconda metà del 2017, e più facilmente nel 2018. La prima metà del 2017 sarà pertanto una fase di transizione in attesa delle disposizioni legislative in America e dell’esito delle elezioni in Olanda e Francia.
Tra gli altri dati di rilievo, segnaliamo come le indagini di fiducia stiano rimanendo su di un trend rialzista e in generale i dati macro hanno ancora sorpreso verso l’alto nell’ultimo mese. L’accelerazione del ciclo manifatturiero e del commercio mondiale per ora viene dunque confermata. Nell’area euro, le indagini di fiducia PMI composito e dell’indice di fiducia economica hanno recentemente sorpreso verso l’alto a dicembre. Ancora, la produzione industriale è tornata a crescere a novembre ed ha fatto meglio delle attese in Francia, Italia, Spagna e Olanda. Le stime di inflazione per dicembre hanno mostrato un aumento della dinamica headline a 1,1 per cento da un precedente 0,6 per cento, circa due decimi in più delle stime anche se la sorpresa è in larga misura dovuta all’energia.
Primi scenari per il secondo semestre 2017
Da quanto sopra è possibile evincere come gli sviluppi recenti siano sicuramente incoraggianti, ma è altresì accertabile come i rischi per lo scenario di crescita e soprattutto per la risalita dell’inflazione nell’area euro siano ben presenti. Come ha indicato Mersch, infatti, “è troppo presto per dichiarare che la fase di bassa crescita è alle spalle”. Oltretutto, il quadro macroeconomico rimane visibilmente gravato dall’incertezza politica in vista del fitto calendario elettorale. Con l’annuncio di dicembre la Banca Centrale Europea ha innescato il pilota automatico e come ha dichiarato Mersch “ha un anno davanti per valutare l’effetto delle misure attuate in particolare per la dinamica inflazionistica”.
Ma è davvero così? In realtà, se è pur vero che la BCE avrà un bel po’ di tempo per poter pianificare con la dovuta consapevolezza i programmi futuri, è anche vero che al più tardi dopo le elezioni tedesche di fine settembre, e quindi ragionevolmente il 26 ottobre, l’istituto di Francoforte dovrà comunicare che cosa intende fare nel 2018. Le dichiarazioni di Mersch saranno molto probabilmente ricalcate nel comunicato introduttivo di dopodomani, al fine di rassicurare ancora i mercati che non vi sono le condizioni per parlare di uscita dalle politiche eccezionalmente accomodanti e che “gli acquisti andranno avanti fin quando l’inflazione non sarà tornata in modo convincente su di un sentiero compatibile con il 2% nel medio termine”.
(continua domani)