Pubblicato: 28 Novembre 2016 di Roberto Rossi
Gli attesi verbali della riunione del FOMC di novembre hanno confermato che, anche prima delle elezioni presidenziali che hanno decretato la vittoria del candidato repubblicano Donald Trump, il Comitato di politica monetaria della Federal Reserve era ampiamente favorevole a un rialzo dei tassi di interesse di riferimento in tempi ravvicinati.
Lo scenario di novembre
La valutazione dello scenario di novembre – si evince dai verbali – era generalmente positiva, con “una sostanziale maggioranza” che riteneva i rischi “circa bilanciati” e alcuni che invece giudicavano ancora presenti rischi verso il basso legati alle risorse inutilizzate sul mercato del lavoro. “La maggior parte dei partecipanti” ha espresso l’opinione che potrebbe essere decisamente appropriato alzare i tassi “relativamente presto” se i dati continueranno a essere positivi e a mostrare miglioramento del quadro economico.
Sempre dagli stessi verbali è poi emerso che alcuni membri hanno notato che la recente comunicazione del Comitato aveva segnalato che un rialzo era vicino: pertanto, per mantenere credibilità, sarebbe stato opportuno muovere i fed funds alla riunione successiva, ovvero a quella di dicembre. Alcuni partecipanti hanno sostenuto il caso per un rialzo alla riunione di novembre, alla luce del miglioramento dei dati e della continua riduzione delle risorse inutilizzate sul mercato del lavoro, che potrebbe dare luogo a surriscaldamento. Altri invece erano favorevoli a far scendere il tasso di disoccupazione sotto l’equilibrio per accelerare il ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo e per moderare i rischi collegati al fatto di trovarsi vicino al limite dei tassi a zero.
Una pausa di “riflessione”
La conclusione della discussione che è stata sintetizzata dai verbali è ben nota, e ne avevamo parlato anche a suo tempo: il Comitato, pur a fronte di un ulteriore miglioramento delle condizioni, a novembre ha scelto di aspettare ancora ad alzare i tassi, segnalando comunque che il caso per un rialzo si era rafforzato. L’evoluzione dei dati e degli eventi da allora rende obsolete le sfumature del dibattito riportato dai verbali. I dati sono stati omogeneamente forti e l’aspettativa di espansione fiscale nel prossimo biennio in seguito al risultato del voto dell’8 novembre rendono virtualmente certo il rialzo a dicembre, con il mercato che lo sconta ormai al 100 per cento. Yellen, nell’audizione di fronte al Joint Economic Committee in Congresso il 17/11, ha ribadito che l’economia sta facendo progressi e che il caso per un rialzo dei tassi ha continuato a rafforzarsi: un aumento potrà avvenire “relativamente presto”. Yellen ha aggiunto che la nuova evidenza disponibile dopo la riunione di novembre è coerente con lo scenario positivo del FOMC.
Le novità emerse nell’audizione riguardano le valutazioni post-elettorali. Yellen ha detto che la Federal Reserve incorporerà la valutazione delle nuove politiche fiscali e potrebbe modificare lo scenario sulla base delle nuove misure, man mano che verranno rese note. Yellen riconosce che un pacchetto di stimolo fiscale potrebbe avere conseguenze inflazionistiche: la Fed terrà conto di potenziali effetti sia sull’inflazione sia sulla crescita della produttività. Come ci si aspettava anche prima dei verbali, la decisione facile sarà il rialzo, quella difficile sarà trovare un consenso e segnalare il sentiero dei tassi, che dipende da un insieme di condizioni estremamente incerte.
Cosa farà il Comitato
A questo punto, ci si può sbilanciare cercando di comprendere che cosa andrà a fare il Comitato, fermo restando che sembra oramai certa la scelta di incrementare il livello dei tassi di interesse di riferimento di 25 punti base nell’imminente sessione dicembrina. Assodato ciò, le incertezze sembrano pertanto riguardare quel che avverrà nel corso del prossimo anno.
È probabile, stando all’attuale valutazione di contesto, che per ora il Comitato si mantenga cauto e continui a segnalare due rialzi dei tassi nel 2017, in considerazione del fatto che l’eventuale nuovo stimolo fiscale (la cui dimensione è ancora tutta da determinare nei dettagli e nella tempistica), avrà effetti più avanti nel tempo, mentre la restrizione delle condizioni finanziarie (rendimenti in rialzo e dollaro forte) ha effetti immediati. Tuttavia, a seconda di quanto espansiva sarà la politica fiscale e di quanto protezionistica sarà la politica del commercio internazionale, il FOMC avrà di nuovo un compito arduo nel raggiungimento di un consenso sulla strada dei tassi nel prossimo biennio.
Considerato che è difficile cercare di stimare quel che accadrà nel corso del 2017, è ancora più improbabile cercare di prevedere l’evoluzione nel 2018. Difficilmente il Comitato si esporrà così tanto da poter stimare in maniera precisa le sue azioni nel prossimo biennio, ma è possibile che il FOMC stia ragionando non solamente su due rialzi dei tassi di interesse nel 2017, quanto anche due rialzi dei tassi anche nel 2018.
Come già anticipato, molto dipenderà tuttavia dalle evoluzioni che assumeranno i contesti di politica fiscale e commerciale, e molto dipenderà altresì dalla forza del dollaro, considerato che un eccesso di apprezzamento della valuta verde nei confronti delle altre valute controparti potrebbe determinare un maggiore clima attendista da parte della Federal Reserve.
A proposito di decisioni di politica monetaria, ricordiamo infine che a dicembre è prevista anche la riunione della Banca Centrale Europea che, come segnalato in tempi non sospetti, dovrebbe finalmente scegliere di allungare il quantitative easing da marzo 2017 a (almeno) settembre 2017. È altresì possibile che oltre all’allungamento dei termini della strategia di QE, l’istituto monetario possa applicare una modifica strutturale della stessa strategia, per quanto – riteniamo – non particolarmente incisiva.
Sulla base di ciò, ribadiamo ancora una volta come dicembre sarà il mese in cui le politiche monetarie di Fed e di Bce andranno a divergere in misura ancora più rilevante rispetto allo scorso passato. Riteniamo tuttavia che gli effetti sul cambio euro / dollaro saranno piuttosto limitati, considerando che il mercato ha già scontato nei propri comportamenti lo scenario centrale di cui sopra (incremento tassi Fed, prolungamento QE della Bce). Nell’ipotesi in cui non sia lo scenario centrale a manifestarsi, non sono invece esclusi dei contraccolpi più tangibili sulle forze delle due valute.