Il governo sta concretizzando in questi mesi un’azione di recupero crediti massiva, che si propone di apportare nuova linfa alle sue casse. È notizia fresca che la data termine per la rottamazione delle cartelle Equitalia è stata fissata per il 21 aprile e ora un nuovo accordo fiscale con lo stato della Svizzera si propone come il prossimo pozzo al quale attingere per recuperare i denari che sono frutto di evasione fiscale.
L’accorso siglato con il paese elvetico si basa sullo scambio di dati in materia di voluntary disclosure e permetterà ai contribuenti di mettersi in regola, quindi allo stato di incassare ciò che gli è stato sottratto con l’esportazione dei redditi in Svizzera. La voluntary disclosure e la rottamazione delle cartelle Equitalia si propongono come le due più importanti manovre messe in atto negli ultimi mesi dallo stato per recuperare crediti che erano stati dati per persi, latenti in un caso e nascosti in paesi stranieri nell’altro.
L’accordo con la Svizzera nel dettaglio
Il recente accordo siglato con la Svizzera si propone come il secondo in materia e fa seguito a due anni densi di trattative. La base va ricercata in una maggiore facilità di effettuare le richieste di gruppo e in un’agevolazione che interessa i cosiddetti ‘contribuenti recalcitranti’, ovvero le persone che non hanno ancora voluto fornire il nome dell’istituto di riferimento elvetico dove hanno depositato i loro fondi.
Ma la caratteristica più importante dell’accordo interessa lo scambio di dati fra i due paesi, che entrerà in vigore a partire dal mese di settembre. Lo stesso governo italiano si è occupato di avvertire le persone che sono fuori regola, intimandole ad aderire alla voluntary disclosure. I nuovi accordi permetteranno infatti allo stato di agire nei confronti delle persone che violano le norme in materia fiscale e la manovra di rientro die capitali offre loro la possibilità di regolarizzarsi nei confronti del fisco.
I benefici del rientro dall’estero della voluntary disclosure
La nuova voluntary disclosure si propone di rendere più agevoli le richieste di gruppo che si riferiscono a fatti e circostanze precedenti alla data del 23 febbraio 2015, ovvero la data della firma del protocollo che ha portato gli stati in linea con gli standard Ocse. I gruppi di contribuenti verranno quindi identificati in base a determinati schemi di comportamento e non sarà necessario eseguire la elencazione nominativa della richiesta.
Per quanto riguarda i cosiddetti contribuenti recalcitranti, ovvero chi non ha ancora voluto fornire i dati relativi all’istituto di credito elvetico di riferimento, potranno sistemare la loro posizione in modo più agevole. Le autorità possono infatti agire con controlli anche sui conti che sono considerati chiusi o sostanzialmente chiusi.
Tutta l’iniziativa si pone quindi in linea con un quadro di cooperazione internazionale ai fini della trasparenza fiscale e lo scambio di dati ne è la chiave di volta. In termini pratici, siglando questo accordo, Italia e Svizzera si impegnano a scambiare reciprocamente i dati che interessano i contribuenti e il governo italiano potrà permettere ai suoi organi di controllo di verificare chi sono i cittadini che vantano una disponibilità finanziaria in paesi esteri, nei quali sono compresi i maggiori centri finanziari del mondo.
Stretta su chi non vive all’estero e genera reddito in Italia
La lotta all’evasione fiscale prosegue con la redazione dei fattori di rischio che verranno impiegati per definire la posizione di chi fa finta di vivere all’estero ma, in realtà, vive in Italia e sfrutta la vantaggiosa tassazione di cui può beneficiare oltreconfine.
Si tratta di fattori molteplici che interessano anche lo spesometro, in merito ai controlli sull’Iva. A ciò si aggiunge l’obbligo ai comuni di comunicare all’Agenzia delle Entrate l’iscrizione degli italiani ridenti all’estero, l’Aire, a partire dal gennaio del 2010. Si tratta, in altre parole, di un vero e proprio flusso informativo, che diventa la base per stanare i finti emigrati. Da questa base verranno quindi estratti i dati da inserire in uno specifico programma chiamato Sonore, che impiegherà spie presenti nei dati tributari quali movimenti di capitali, utenze domestiche, cariche sociali e anche i versamenti dei contributi per le colf e le badanti.
A tutto questo verranno aggiunti dati puramente fiscali come le informazioni trasmesse dagli organi previdenziali e le operazioni IVA che sono state effettuate. Lo stato andrà quindi a caccia di prove che dimostrano che i soggetti residenti all’estero sono, in realtà, pienamente operativi in Italia. E a questo punto arriverà la seconda parte della scrematura, ovvero la compilazione di liste di soggetti che dovranno essere controllati mediante strumenti interni ed esterni.
Gli strumenti interni interessano l’archiviazione dei dati raccolti con la prima voluntary disclosure. Non essere presenti nelle liste potrebbe quindi suonare come un campanello d’allarme per le persone preposte ai controlli. Per quanto riguarda le informazioni provenienti da fonti estere si tratta di dati conformi a quanto stabilito dalle direttive europee e dagli accordi internazionali. Sono 57 i paesi che si sono finora impegnati a scambiare informazioni secondo gli standard e molto probabilmente il numero arriverà a 100 nel 2018.
A conti fatti le dichiarazioni del governo in merito dimostrano che i ‘furbetti’ non possono più contare su un sistema lento e macchinoso, ma su uno scambio di dati che, grazie ad accordi internazionali, può permettere in tempi veloci di eseguire i controlli del caso. E non si tratterà di controlli superficiali, ma di un vero e proprio incrocio di dati.
Il problema principale in fase di controllo era infatti legato alla mancanza di accordi che permettessero di avere a disposizione dati provenienti da diversi sistemi e da diversi enti. Grazie agli accordi, chi si occupa di effettuare i controlli può da oggi contare su un bacino di informazioni complete, che spaziano dal versamento dell’IVA fino alla bolletta della luce. Incrociare i dati che risiedono in un’unica banca dati costo poco tempo e poche risorse, quindi si tratta di un controllo efficace, che sulla carta potrebbe beccare più di un furbetto che dichiara di vivere all’estero, quando in realtà sfrutta i servizi italiani e genera reddito nel Bel Paese.
La nuova voluntary disclosure si propone di rendere più agevoli le richieste di gruppo che si riferiscono a fatti e circostanze precedenti alla data del 23 febbraio 2015….
A me risulta che per fatti precedenti il 23.02.2015 non ci sia possibilità di fare richieste. Verifichi meglio per favore.